Attualità

Italicum. Legge elettorale, ultimatum di Renzi

Marco Iasevoli giovedì 6 novembre 2014
«La maggioranza per chiudere questa partita entro la fine dell’anno ce l’ho anche senza di te. Se la legge elettorale la facciamo insieme, bene, io continuo a credere a questo Patto. Però ora è il momento di stendere un cronoprogramma, un calendario di voti in commissione e in Aula da oggi a fine dicembre. Pensaci qualche giorno, ma dopo ho il dovere di andare avanti, lo devo al presidente della Repubblica». Dopo due ore di colloquio con Silvio Berlusconi, cordiale ma certo più teso dei precedenti, Matteo Renzi cala l’ultimatum: l’ex Cavaliere ha sino a domenica per prendere una decisione. Lunedì poi il premier incontrerà la sua maggioranza parlamentare e doserà il discorso a seconda della risposta di Berlusconi: un aut aut se Forza Italia ci sta, una trattativa se l’ex Cav. molla la presa. Il colloquio, accompagnato da un sobrio pranzo, è difficile. Su tutti i punti toccati, il punto d’approdo è lontano. Il nome forzista per la Consulta? Non c’è, nonostante M5S - previo voto del web - abbia dato ormai disponibilità ad appoggiare la candidata Pd, Silvana Sciarra, in cambio dell’ascesa al Csm del 'loro' Alessio Zaccaria. Il rischio è che anche oggi ci possa essere una fumata nera. E con questi chiari di luna, con i 'colonnelli' forzisti anti-Berlusconi in grado di agitare a loro piacimento sino a 30-40 parlamentari, come si fa a scegliere insieme un nuovo presidente della Repubblica? Certo non ci può essere da parte del governo nessuna disponibilità ad inserire nella trattativa la riforma della giustizia e un ritocco della legge-Severino. I dubbi politici di Renzi si sommano a quelli di Berlusconi. Il leader  forzista teme il voto anticipato, non è un mistero. Renzi cerca di rassicurarlo: «Io voglio votare nel 2018. Ma che facciamo sino ad allora? Restiamo ingabbiati dal "Consultellum"? Mettiamo le istituzioni e le riforme in scacco perché non c’è lo strumento democratico per andare alle urne e sbloccare eventuali impasse?». Nulla da fare, l’ex Cav. non vuole dare la pistola fumante al suo giovane successore (sebbene andare alle urne in primavera significherebbe, per assurdo, usare l’Italicum alla Camera e il Consultellum al Senato). E poi, della proposta studiata in mattinata dai vertici Pd - premio di maggioranza alla lista che prende il 40 per cento, sbarramento al 5, preferenze miste a un 30 per cento di listini bloccati - non convince proprio l’ultimo punto. «Silvio incasserà 100 parlamentari? Li vuole tutti suoi», sentenziano diversi deputati forzisti vicini alla trattativa. E sul punto il premier si sarebbe anche inalberato: «Dai Silvio, se vuoi passare per statista non puoi avanzare questa pretesa».E allora, si usino bene le 96 ore sino a domenica. All’uscita da Palazzo Chigi, i due accompagnatori di Berlusconi, Denis Verdini e Gianni Letta, hanno il volto teso. Renzi e il vicesegretario Pd Lorenzo Guerini si guardano negli occhi: conviene aspettare Silvio ancora un po’, se avrà la sensazione di essere tagliato fuori rientrerà di corsa in gioco.Il punto è che Napolitano non aspetta più, vuole lasciare a inizio 2015 appuntandosi una buona legge al petto. Intanto la maggioranza aspetta. Il Pd sembra convinto del nuovo assetto. Ncd è sospeso: il premio alla lista piace, lo propose per primo Gaetano Quagliariello. Ma lo sbarramento al 5 per cento è una mannaia. Se Berlusconi resta nel Patto, il partito di Alfano rischia di doversi far assorbire da Pd o da Fi. Se invece il Cav. lascia la mano, allora si tratterà per una soglia al 3 per cento. In serata però a Palazzo Chigi sono certi che Berlusconi non scenderà dal treno: «Gli abbiamo fatto capire che abbiamo i numeri per chiudere, gli conviene che facciamo da soli?».