Italiani nel mondo. Magatti: «Manca una visione di futuro per i nostri giovani»
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«Usciamo da questa polarizzazione, da questa iperpoliticizzazione. Ma partiamo piuttosto dalle cose, dai problemi, per affrontarli e cercare di risolverli, senza schierarci». Così il cardinale Matteo Zuppi, arcivescovo di Bologna e presidente della Cei, ha esordito nella tavola rotonda, moderata dal direttore del Tg2 Antonio Preziosi, che ha fatto seguito alla presentazione del Rapporto Italiani nel mondo 2023 della Fondazione Migrantes, a Roma e che ha visto la partecipazione anche di Francesco Maria Chelli, presidente dell’Istat.
«Dobbiamo riuscire a prendere l’insieme delle cose, la comprensione reale del momento particolare che l’Italia sta vivendo per capire cosa vogliamo essere come Paese, cosa vogliamo fare da grandi. Il momento richiede delle scelte, ma anche virtù da mettere in campo, altrimenti si perde il treno in una situazione oggettivamente straordinaria - ha aggiunto Zuppi facendo riferimento ad alcune ulteriori occasioni da cogliere, come i fondi del Pnrr e il post pandemia – Ma l’eccessiva polarizzazione rischia di far perdere le buone possibilità e l’iperpoliticizzazione è senza una visione».
«Anche l’accezione senza dubbio positiva del “bene comune” – ha rimarcato Zuppi, cogliendo un aspetto evidenziato poco prima dal sociologo Mauro Magatti – è da usare con un certo pudore, altrimenti diventa solo una copertura. La Chiesa? Cerca di fare la sua parte non solo con la sua presenza, l’accoglienza e la vicinanza, che indubbiamente sono aspetti fondamentali, ma cercando di far sì che tutto questo diventi cultura e quindi occasione di soluzioni. Siamo chiamati ad essere Chiesa in uscita, in un’Italia in uscita – ha aggiunto il presidente Cei con esplicito riferimento ai tanti italiani, soprattutto giovani, che ancora lasciano il Paese come emerso dal Rapporto – Ma poco ce ne rendiamo conto e qualcuno ancora si sorprende di questo aspetto. E allora, chiediamoci: che cosa vogliamo fare da grandi? Che cosa vogliamo lasciare? Forse ancora qualcosa si può fare, ma dobbiamo farlo», si è avviato a concludere Zuppi, non prima di far riferimento all’Europa, invitando «a pensare in maniera più europea. Io sogno di avere in tasca il passaporto europeo, quello che i giovani di fatto hanno già dentro di loro».
Prima, come accennato, era intervenuto invece il sociologo Mauro Magatti, con un chiaro invito, offerto dalla lettura dei dati del Rapporto, a intervenire sui problemi che l’emigrazione solleva «ma qualificando il dibattito pubblico e dicendo no alle tifoserie, per reimpostare una visione di futuro e dare un contributo al bene comune».
Le conclusioni sono state invece affidate al presidente della Fondazione Migrantes e arcivescovo di Ferrara-Comacchio, Gian Carlo Perego, il quale, dopo aver letto l’emigrazione anche con la lente di ingrandimento della “fatica”, ha sintetizzato i motivi che spingono ad emigrare dall’Italia (precarietà, disoccupazione, mancanza di pari opportunità, giovani che non vedono valorizzate le competenze o che vogliono arricchirle) e ha ricordato che «come Chiesa dobbiamo accompagnare questa fatica: se solo pensiamo ai tanti suicidi che si registrano tra gli emigrati a Londra, in Svizzera, in Belgio, cogliamo l’incapacità di costruire relazioni, sia familiari che amicali. E il concetto di relazioni passa anche attraverso quello di cittadinanza: l’Europa per i nostri giovani è una casa comune, un bisogno. E questa è una precisa indicazione a superare i nazionalismi, perché non possiamo indebolire l’Europa».