La riconciliazione fra Italia e Slovenia dopo le ferite della guerra, le Foibe, e l’esodo dei Giuliano dalmati rimanda al ruolo dell’Europa, chiamata a promuovere pace e sviluppo in un Continente dilaniato dai conflitti nel secolo scorso. Il presidente della Repubblica,
Sergio Mattarella è a Trieste con l'ex presidente della Repubblica di Slovenia,
Borut Pahor, su invito del rettore dell'Università,
Roberto Di Lenarda, che a entrambi ha conferito la laurea magistrale a ciclo unico in Giurisprudenza Honoris Causa. Un video a inizio cerimonia ha proiettato la foto di quel
13 luglio 2020 quando i due presidenti si tennero per mano a Basovizza, la prima volta di una capo di Stato sloveno a ricordare quegli eccidi. «La riconciliazione con la storia – rimarca Mattarella - non ci libera dal dovere di conoscerla e di ricordare, come Borut Pahor ha più volte sottolineato. Non conduce a letture di comodo del passato né relativizza le responsabilità di ciascuno, ma ci consente di coltivare sentimenti di rispetto per le sofferenze, in luogo di nutrire rancore e contrapposizione».«Presidente, caro amico Sergio Mattarella – gli dice Pahor -, si dice che in politica non c'è spazio per l'amicizia: non è vero, tu sei un grande statista e un mio grande amico».C’è da lasciarsi alle spalle una storia di «guerre combattute senza alcun rispetto per le popolazioni, le violenze e gli esodi, hanno colpito e sconvolto l'Europa, in balia di una lotta combattuta da nazionalismi esasperati», sottolinea ancora Mattarella. «La Seconda Guerra Mondiale - che quei nazionalismi hanno scatenato - ha distrutto la vita di milioni di persone nel nostro continente, ha disperso famiglie, forzato a migrazioni». Ma ora «le storie nazionali si sono immerse in una storia globale».Mattarella torna all’evento di riconciliazione così simbolico di due anni fa: «Con la visita congiunta alla foiba di Basovizza e al monumento ai fucilati del Tigr, con il Presidente Pahor abbiamo voluto testimoniare che ciò che ci unisce oggi è più forte di quanto ci abbia separato in passato e che, insieme, sappiamo commemorare le vittime di quegli anni sanguinosi. Ci sono luoghi che nella storia assurgono a emblemi». E così la restituzione del palazzo del "Narodni Dom" alle associazioni della minoranza slovena in Friuli Venezia Giulia sancita in occasione del centesimo anniversario del suo incendio rappresenta «la presa d'atto di una maturazione - in una giornata storica, come la definì il Presidente Pahor - che afferma altresì il reciproco impegno per la tutela e la promozione delle minoranze, in ossequio alla nostra Costituzione e alla Carta Europea dei diritti fondamentali».Un processo in cui si inserisce il Giorno del Ricordo, istituito dal Parlamento italiano nel 2004: «Ricordare gli avvenimenti che hanno così profondamente inciso con dolore sulla vita delle popolazioni al confine orientale, significa anche rispettare i patimenti altrui. Le ferite causate dalle tragedie del Novecento non si possono cancellare».Il dialogo fra Slovenia e Italia, «costante e fruttuoso», è stato favorito dalla «comune adesione e appartenenza alla casa europea e ai valori euro-atlantici».Una stagione di conflitti che si riteneva lasciata alle spalle, ma così non è stato . E il progetto europeo è diventato ora «più che mai imprescindibile e urgente, alla luce anche della brutale e ingiustificabile aggressione della Federazione Russa ai danni dell'Ucraina. Ciò vale non solo nei confronti di Ucraina, Moldova e Georgia, ma soprattutto dei Paesi dei Balcani Occidentali che oltre venti anni addietro hanno iniziato questo impegnativo percorso di integrazione».Nel «bisogno di pace, stabilità, progresso» che si manifesta, «l'Unione Europea – sottolinea Mattarella - è chiamata a dare risposte concrete alle aspirazioni di quei popoli che guardano al più imponente progetto di cooperazione concepito sulle macerie del secondo conflitto mondiale».Italia e Slovenia hanno dato il buon esempio. «Con la designazione congiunta di Nova Gorica e Gorizia quale “Capitale europea della cultura nel 2025”, è stata scritta una nuova importante pagina della nostra storia». Un «traguardo» suggellato dalla visita che Mattarella e Pahor fecero insieme, nell'ottobre del 2021. «Quella piazza, che fu posto di frontiera, raffigura il confine, anche grazie allo spazio Schengen, quale luogo di incontro e di unione. Mi auguro che questa esperienza possa essere di ispirazione per altri territori transfrontalieri nel continente europeo, dove il concetto di confine è vissuto ancora in modo conflittuale, come elemento di discriminazione», è l’augurio di Mattarella.Ma il capo dello Stato nell’ateneo di Trieste raccomanda anche di non trascinare la cultura e i percorsi di istruzione sul terreno dei conflitti: «Le Università sono sempre state luogo del libero dibattito, della critica e anche del dissenso nei confronti del potere. Dibattito, critica e dissenso collegati tra gli atenei di tutti i paesi, al di sopra dei confini e al di sopra dei contrasti tra gli stati. Se si recide questo collegamento – ammonisce Mattarella -, questo prezioso scambio di riflessioni, di collaborazioni, di esperienze, non si aiutano i diritti, non si aiuta la libertà né la pace».