Covid. Linea dura di Draghi, bloccato l'export dei vaccini AstraZeneca in Australia
Una delle prime vaccinazioni con AstraZeneca, a Formigine in provincia di Modena
Ipiani sono due, ma l’obiettivo resta unico: fare presto con i vaccini. E per raggiungerlo i livelli di intervento rimangono, da un lato, il fronte interno con lo sprint messo alla campagna vaccinale e alla futura produzione all’interno dei nostri confini dei sieri (o di parte di essi).
Ma sul fronte esterno il governo Draghi mantiene la linea comunitaria di garantire una sufficiente quantità di dosi alla popolazione europea, prima di consentire l’export alle case farmaceutiche.
Su questa base perciò affonda le radici la decisione dell’Italia – primo Stato membro dell’Ue ad intervenire in tal senso dall’approvazione del nuovo meccanismo europeo di controllo dell’export sui vaccini lanciato dalla Commissione europea lo scorso 30 gennaio – di bloccare 250mila dosi di AstraZeneca (infialate ad Anagni) destinate all’Australia, tra l’altro un Paese che in questo momento non è inserito tra quelli più vulnerabili per la pandemia.
Una decisione presa dal governo italiano il 2 marzo, d’intesa con Bruxelles, dettata proprio dalla riduzione di vaccini che la ditta anglo-svedese sta operando nel Vecchio continente da alcune settimane (fino a -70% delle dosi nel primo trimestre secondo alcune clausole del contratto contestate da Bruxelles e -50% nel secondo trimestre, in Italia la riduzione finora è del 25%). In questo modo adesso questo lotto potrà essere ridistribuito tra i Paesi Ue.
Che il presidente del Consiglio avesse l’intenzione di usare tutte le carte a disposizione per aumentare la disponibilità di vaccini lo si è capito subito, da quando al suo esordio in Europa al video-summit dei capi di Stato e di governo di giovedì scorso Draghi aveva chiesto con forza di usare di più questo meccanismo. E anche l’interlocuzione telefonica avuta due giorni fa con Ursula von der Leyen era finalizzata a fare fronte comune per accelerare sui vaccini. La presidente della Commissione Ue ieri ha infatti confermato «il ruolo importante» dell’Italia nella loro produzione. Con lo stesso intento, infine, la telefonata avuta ieri dal premier con il primo ministro del Regno Unito Boris Johnson per discutere appunto del contrasto alla pandemia con «un’agenda coordinata», oltre che delle rispettive presidente del G20 e G7 e della co-presidente della CoP26.
Ma è ancor più all’interno dei confini nazionali che il governo si sta muovendo per far sì che l’Italia sia il più possibile "autonoma" nella produzione di sieri. Il ministro dello Sviluppo economico Giancarlo Giorgetti da giorni sta lavorando in questa direzione, incontrando i rappresentanti del mondo farmaceutico e, ieri, anche il commissario europeo al Mercato Thierry Breton, capo della task force Ue per accelerare la produzione degli antidoti, che punta ad un obiettivo: «Vaccinare tutti i cittadini Ue entro l’estate».
L’Italia intanto, è l’annuncio del responsabile del Mise, nel prossimo decreto Sostegno impegnerà risorse «per 400-500 milioni di euro per la nascita di un polo biotecnologico nazionale», non solo legato ai vaccini.
I vaccini comunque sono al centro anche delle prime giornate di lavoro del nuovo commissario per l’emergenza Covid-19, Francesco Figliuolo, che ieri mattina ha incontrato il ministro della Salute Roberto Speranza, il capo della Protezione civile Fabrizio Curcio, i vertici dell’Istituto superiore di sanità, il Consiglio superiore di sanità, Aifa e Agenas.
Tra gli argomenti la maggiore velocità della campagna vaccinale che ora viaggia a 160mila somministrazioni al giorno, il risultato raggiunto di oltre un milione di over80 vaccinati e la novità della circolare ministeriale con cui si prevede una dose unica (che ha in sostanza valore di richiamo) per i soggetti che hanno avuto un’infezione da Sars-Cov2.
Ma la vera notizia del vertice è la nuova linea di condotta: non lasciare più scorte per i richiami del vaccini Astrazeneca, per aumentare il numero di somministrazioni (oggi il Cts si riunirà con Aifa per valutare anche l’allargamento della platea fino agli over65), e di utilizzare il modello di Protezione civile nella campagna vaccinale.
Oggi si proseguirà nel confronto con le Regioni per cambiare passo nei territori. Ciò che sostengono anche i medici di base, che al nuovo commissario chiedono un incontro.