Italia 2030. In campo a Trieste anche gli economisti della Cattolica
La riprova delle sinergie che si stanno creando intorno alla prossima Settimana sociale dei cattolici italiani è la proposta di riflessione elaborata dagli economisti del dipartimento di Economia e finanza dell’Università Cattolica del Sacro Cuore. Ben 12 schede di approfondimento, introdotte da un’analisi complessiva del direttore del dipartimento, Luca Vittorio Angelo Colombo. «L’Italia è un paese ricco di risorse, di capacità e di iniziative - scrive Colombo presentando il lavoro dei colleghi economisti -. Ottava economia al mondo per prodotto interno lordo, il Belpaese è anche la seconda potenza manifatturiera europea con un primato in molti settori a media tecnologia e a forte contenuto di creatività. Il tessuto produttivo italiano è animato da vivaci distretti industriali e da “multinazionali tascabili” ben inserite nelle catene internazionali del valore: è il cosiddetto “quarto capitalismo”, versione evoluta e aggiornata della “Terza Italia” che negli anni Settanta e Ottanta salvò l’Italia dalla crisi della grande impresa pubblica e privata». Insomma, se si guarda al 2030, le premesse non sono fosche come vorrebbero certe narrazioni tutte rivolte al negativo. «Se allarghiamo lo sguardo al turismo, alla cucina, alle bellezze artistiche e naturali, l’Italia si colloca stabilmente in testa alle classifiche: primo paese al mondo per numero di siti Unesco, quinto per numero di visitatori, terzo nell’export di prodotti agroalimentari».
Cosa farne di questi primati? Perché i problemi sopravanzano le opportunità? Colombo ne elenca i principali: «Dalla fine degli anni Novanta il reddito pro-capite è cresciuto pochissimo, il debito pubblico è aumentato, l’occupazione è rimasta sostanzialmente immutata in termini di ore lavorate. L’aumento delle diseguaglianze, i tagli al welfare e la bassissima dinamica dei salari hanno causato una sostanziale stagnazione del reddito delle famiglie, erodendo il tenore di vita del ceto medio e approfondendo i divari territoriali e generazionali. Alla radice di questi problemi completa il ragionameto - vi è la bassissima crescita della produttività delle imprese: pochi investimenti, ridotta spesa in ricerca e sviluppo, investimenti in formazione inferiori alla media Ocse, tassi elevati di informalità e di evasione fiscale, una struttura industriale caratterizzata da una percentuale altissima di microimprese, certamente molto flessibili ma poco efficienti dal punto di vista organizzativo e tecnologico. La bassa natalità e l’invecchiamento della popolazione, fenomeni comuni a molti Paesi sviluppati ma da noi particolarmente acuti, aumentano i bisogni di cura e riducono la capacità fiscale dello Stato, facendo scivolare il nostro sistema di welfare lungo un sentiero sempre più insostenibile». Da una parte le luci, intense. Dall’altro le ombre, pesanti. Di queste contraddizioni fanno le spese «soprattutto i più giovani - scrive Colombo nella premessa alle schede dei suoi colleghi economisti -, i quali, in una economia bloccata, non trovano opportunità di lavoro adeguate alla loro formazione, sperimentano un diffuso precariato, faticano a costruire un progetto di vita professionale e familiare. Molti di loro, soprattutto tra quelli ad alta qualifica, cercano (e trovano) lavoro e prospettive di carriera all’estero, alimentando un consistente flusso di emigrazione. In questo quadro, sono soprattutto i territori più fragili e le aree interne a soffrire i processi di impoverimento e di spopolamento a favore delle grandi aree urbane nazionali ed estere».
Come i giovani, ne fanno le spese le donne: «l’Italia è ancora ultima in Europa quanto a partecipazione delle donne nel mercato del lavoro, soprattutto nelle posizioni apicali e dirigenziali. “Soffitto di cristallo”, gender pay gap, inadeguatezza dei servizi per infanzia e maternità, rendono molto difficile la conciliazione famiglia-lavoro, creando ingiuste discriminazioni, frenando la natalità ed erodendo anche per questa via le possibilità di crescita della nostra economia». Il lavoro degli economisti della Cattolica è finalizzato allora a elaborare una serie di risposte e strategie su 12 fronti: salari, adattamento delle imprese alla nuova globalizzazione, la ripresa demografica, il ruolo di scuola e università, il fisco, la transizione ecologica, il sistema del credito, la concorrenza, i big data, la sanità, il completamento dell’Ue, la sussidiarietà contro le diseguaglianze. Il lavoro degli economisti continuerà anche dopo la Settimana sociale. «Alla luce di quanto emergerà nei lavori di Trieste, il dipartimento di Economia e finanza - conclude Colombo continuerà la sua riflessione per arricchire e raffinare le proprie proposte e portarle nel dibattito pubblico. Dopo molti anni di stagnazione e crescita delle diseguaglianze, l’Italia merita di trovare la strada di una crescita inclusiva e sostenibile, creatrice di occupazione, di innovazione e di sviluppo. Il dipartimento vuole partecipare e contribuire a questa ricerca, in un confronto aperto con quanti, fuori e dentro il mondo cattolico, desiderano costruire un’economia capace di futuro».