Rapporto Istat. L'Italia in declino: il Pil frena e la popolazione invecchia
L'Italia cresce sempre meno: sia demograficamente, sia per l'occupazione, sia nell'economia. È un triste déjà vu il rapporto annuale Istat, presentato oggi: il primo con il nuovo presidente Gian Carlo Blangiardo.
Declino demografico
Si comincia con il calo delle delle nascite, combinato con l'aumento tendenziale dei morti. Nel 2018 sono stati iscritti in anagrafe per nascita oltre 439 mila bambini, quasi 140 mila in meno rispetto al 2008, mentre i cancellati per decesso sono poco più di 633 mila, circa 50 mila più di un decennio fa. Siamo dunque al "declino demografico"; un calo numerico di cui si ha memoria nella storia d'Italia solo risalendo al biennio 1917-1918, un'epoca segnata dalla Grande Guerra e dai successivi drammatici effetti dell'epidemia di "spagnola". D'altra parte il 45% delle donne tra i 18 e i 49 anni (dati 2016) non ha ancora avuto figli e comunque la popolazione femminile tra 15 e 49 anni dal 2008 al 2017 è calata di circa 900 mila unità - il che spiega circa i tre quarti del calo di nascite verificatosi nello stesso periodo. La restante quota dipende dalla diminuzione della fecondità (da 1,45 figli per donna del 2008 a 1,32 del 2017). I nati da coppie di genitori entrambi italiani scendono infine a 359 mila nel 2017: oltre 121 mila in meno rispetto al 2008.
Lo sbilancio giovani-anziani
Il processo di invecchiamento degli italiani è peraltro "caratterizzato da un'evoluzione positiva": tra gli over65 infatti "si osserva una maggiore diffusione di stili di vita e abitudini salutari". Aumentano la pratica di sport (dall'8,6% del 2008 al 12,4% del 2018) e la partecipazione culturale (cinema o teatro). Crescono i "grandi anziani": gli over 85 sono circa 2,2 milioni. Quanto ai giovani, escono dalla famiglia sempre più tardi e sperimentano percorsi di vita "meno lineari del passato" che spostano in avanti le tappe di transizione allo stato adulto; più della metà dei 20-34enni (5,5 milioni), celibi e nubili, vive con almeno un genitore. 208 mila ragazzi tra i 20 e i 34enni sono espatriati, due su tre con istruzione medio-alta.
Meno male che ci sono gli stranieri...
Nel 2050 la quota dei cittadini in età lavorativa (15-64 anni) dovrebbe scendere al 54,2% del totale, circa dieci punti in meno rispetto a oggi, un calo in assoluto di oltre 6 milioni di persone. "L'Italia sarebbe così tra i pochi Paesi al mondo a sperimentare una significativa riduzione della popolazione in età lavorativa". A livello mondiale l'Italia contende al Giappone il record di invecchiamento: ci sono 165 persone oltre 65 anni ogni 100 giovani sotto i 15 anni. E senza gli stranieri la recessione demografica sarebbe iniziata negli anni '90.
Economia e lavoro punti critici
La probabilità di contrazione del Prodotto interno lordo nel secondo trimestre è "relativamente elevata", precisamente del 65% rispetto al primo trimestre. La previsione annuale resta dello 0,3%, una modesta espansione supportata solo dalla domanda interna e in particolare dai consumi privati. In decelerazione le esportazioni. Il livello dell'occupazione è il più alto degli ultimi dieci anni, superando di 125 mila unità quello pre-crisi (+0,5% rispetto al 2008), ma il sistema presenta maggiore fragilità delle posizioni lavorative; aumenta il lavoro dipendente (+4% in 10 anni) ma essenzialmente per il tempo determinato: rispetto al 2008 si contano 876 mila occupati a tempo pieno in meno e quasi un milione e mezzo di part time involontario in più. Nuove vulnerabilità riguardano i giovani, le donne, i stranieri e i residenti al Sud.