«Per la giustizia non si spende troppo, ma male. Bisogna avere il coraggio di tagliare le cose che non servono anche a costo di dispiacere a qualche persona importante. Così potremmo non solo far funzionare meglio la giustizia ma l’intera pubblica amministrazione». È impietosa l’analisi di Nicola Gratteri, procuratore aggiunto a Reggio Calabria. Tra i magistrati di punta nella lotta alla ’ndrangheta, è stato chiamato dal premier Enrico Letta nella commissione di esperti che entro settembre deve fare delle proposte per il contrasto alle mafie. E anche sulle spese ha idee molto chiare. «È questa la vera riforma delle giustizia. È inutile che parliamo di sofismi o di alta dottrina, incominciamo a risolvere i problemi quotidiani, quelli che ci impediscono ogni giorno di concludere i processi».
Procuratore facciamo qualche esempio di spese che non vanno.In modo strumentale si è detto che le intercettazioni costano molto. Invece sono il mezzo più economico e garantista che possa esistere ai fini dell’acquisizione della prova. L’intercettazione è la voce dei protagonisti che confessano un reato. È ormai diventata la prova regina visto che non ci sono più soldi per fare i pedinamenti e gli organici delle forze dell’ordine sono al di sotto delle necessità. Ma perché un’intercettazione a Reggio Calabria costa 4 euro più Iva e in altre procure 6 o 8 euro, fatta dalla stessa società?
Lo dica lei il perché.Il prezzo non lo deve imporre la società, va discusso, va trattato. Noi a Reggio Calabria abbiamo il miglior rapporto qualità/prezzo perché siamo stati i fondatori della prima sala di registrazione digitale, a costo zero per il ministero, e oggi siamo leader, col sistema più evoluto d’Europa. Però di questo nessuno ci ha mai chiesto nulla dal ministero. Molte procure sono state consultate, anche quelle che hanno volumi di intercettazioni molto inferiori ai nostri, noi mai, anche dopo che io ho sollecitato il ministero a farci partecipare alle riunioni sull’abbassamento dei costi.
Cosa andrebbe a dire?Basterebbe solo un po’ di buon senso, non serve essere dei fini giuristi o alti economisti per fare questa domanda a tutte le procure.
Perché non lo si fa?Non lo so. Lo deve chiedere al ministero non a me.
Qualche altro risparmio?C’è uno spreco enorme di carta, di toner e di forza lavoro ogni volta che si arrestano le persone. Lei vede uscire dalle caserme decine di arrestati con un mano migliaia di fogli dell’ordinanza di custodia cautelare. Come risparmiare questi 30-40mila euro a operazione? Basterebbe notificare a ogni arrestato un cd con l’ordinanza.
Ma come lo leggerebbe?Nei sottoscala dei tribunali e delle procure ci sono centinaia di computer vecchi solo di pochi anni. Basterebbe metterli nelle carceri e il detenuto potrebbe leggersi il suo cd ogni volta che vuole. Ma io andrei oltre: comprerei dei tablet, modificati, da consegnare ai detenuti quando entrano in carcere e collegati alla rete intranet degli uffici giudiziari, al quale inviare l’ordinanza e i successivi documenti. Se lo terrà sotto il cuscino fin quando non esce.
Il ministero denuncia la crescita delle spese postali per le notifiche.Le notifiche devono essere fatte con la posta elettronica certificata. Bisognava intervenire 20 anni fa e invece sono vent’anni che ci parliamo addosso. Come la riduzione dei tribunali: siamo anche qui in ritardo di più di 20 anni. È solo ora di andare in Parlamento e votarla.
Si può parlare di veri e propri sprechi?Certamente. Parliamo di cose banali, che chiunque, anche un non addetto ai lavori capisce. Speriamo sia la volta buona. Ci sono progetti di legge, noi abbiamo già scritto diverse proposte.
Perché non lo si è fatto? Difesa di di privilegi? Per incapacità?Parlerei di concorso di colpe. Poi molte volte nei posti di comando ci sono persone che non capiscono nulla e che si rivolgono a tecnici che sono magari furbi e non vogliono che il sistema funzioni. L’informatizzazione fa paura al potere perché oltre ad abbattere i tempi e i costi, abbatte anche il potere discrezionale. Più l’amministrazione è informatizzata minori sono i margini di manovra da parte di chi lo detiene.
Abbattere i costi vuol dire, dunque, anche diminuire i tempi della giustizia?Viaggiano di pari passo. Se davvero informatizzassimo il processo penale potremmo abbattere i tempi dei processi anche del 50%.
I soldi che attualmente si spendono per la giustizia sarebbero allora sufficienti?Sicuramente. Andrebbero razionalizzate le spese. A me non piacciono, fanno paura i tagli lineari. Non è la soluzione del problema.