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LA FAMIGLIA SOTTO ATTACCO. Violini: «Caso da ridimensionare ma attenzione al clima culturale»

Francesco Riccardi lunedì 14 gennaio 2013
​«Il caso è certamente da ridimensionare. Non c’è possibilità di far derivare da questa sentenza una promozione delle adozioni da parte di coppie omosessuali». Lorenza Violini, docente di diritto costituzionale all’Università statale di Milano parla di «strumentalizzazioni e forzature politiche» a proposito del clamore sollevato dalla decisione della Cassazione di confermare l’affidamento esclusivo di un bambino alla madre, che da qualche tempo ha una relazione sentimentale con un’altra donna, convivente, e che, tra l’altro, il padre avrebbe aggredito di fronte allo stesso minore.Ma questa sentenza fa giurisprudenza o fa politica?Direi né l’una né l’altra. La giurisprudenza in materia è piuttosto consolidata, non è certo il primo caso di minore affidato alla madre o al padre, anche quando il genitore dopo la separazione abbia avviato una convivenza e una relazione omosessuale. Tecnicamente, siamo nel campo della giurisdizione minorile e le decisioni sono più simili ad atti meramente amministrativi che non giurisdizionali. E se è vero che qualsiasi sentenza è indissolubilmente legata al caso specifico che viene giudicato, ciò è ancora più vero nella vicenda di cui stiamo discutendo. Non possiamo prescindere dalla storia di questo bambino, quantomeno per come emerge dalle carte: la violenza del padre, la scelta dei giudici della Corte d’appello di non concedere l’affido congiunto e di subordinare l’ampliamento del diritto di visita al giudizio dei servizi sociali. E, insieme, la storia della madre, ex tossicodipendente, ora convivente con un’ex educatrice della sua comunità di recupero. Qui mi sembra di poter dire che sia stato valutato il benessere del minore da parte dei giudici d’appello e poi la Cassazione si è limitata a respingere il ricorso del padre trovando scarsamente argomentate le sue motivazioni.Caso singolo, certamente. Però alcune frasi nel dispositivo della sentenza sembrano dare un giudizio più ampio, quando si parla di «mero pre-giudizio che sia dannoso per l’equilibrato sviluppo del bambino il fatto di vivere in una famiglia incentrata su una coppia omosessuale».L’impressione è che il clima sociale esterno finisca per determinare la linea culturale della sentenza, alcuni suoi dicta (affermazioni). Da un lato si sceglie in maniera pragmatica per il bene del bambino e, dall’altro, ci si lascia influenzare dal "politicamente corretto", mettendo in secondo piano i principi generali del nostro ordinamento. Le coppie omosessuali che avevano figli da precedenti relazioni eterosessuali non sono più una rarità e i giudici anziché partire dall’idea della famiglia costituzionalmente intesa, guardano e scelgono solo in base agli aspetti pratici. Può essere anche eticamente corretto, ma occorre fare attenzione a non generalizzare.Così però il clima esterno influenza le sentenze e le sentenze contribuiscono a creare un clima diverso nel Paese. Facile poi che le questioni vengano strumentalizzate sul piano mediatico e soprattutto politico. E, come è già accaduto, il potere giudiziario finisce per sopravanzare quello legislativo. È così?L’ideologia e la politica purtroppo hanno gioco facile a strumentalizzare ed è vero che nel nostro ordinamento ci sia attualmente un disequilibrio fra poteri, con quello giudiziario sovraesposto. Le motivazioni di questa situazione sono molte, ma la prima è certo l’inadempienza dello stesso potere legislativo, non sempre all’altezza del compito e a sua volta tentato dalle speculazioni ideologiche. Proprio per questo, però, occorrerebbe il doppio della prudenza da parte dei magistrati nell’esercizio delle loro funzioni.In conclusione, non si può parlare di un "via libera" della Cassazione alle adozioni da parte di coppie gay.Non direi proprio. Ripeto: parliamo di un singolo caso di affidamento di un bambino alla madre naturale. Piuttosto vorrei ricordare un’importante sentenza francese – il caso Gas-Dubois – nel quale è stato rifiutato il riconoscimento della potestà genitoriale alla partner di una donna omosessuale che aveva avuto un figlio con la fecondazione assistita. I giudici hanno ritenuto che non sia discriminante prevedere diritti diversi per le coppie omosex rispetto a quelli derivanti dal matrimonio. Che restano due cose profondamente diverse.