«Adesso ci vuole un tedoforo o un gruppo di tedofori. Il miglior modo che il gruppo dirigente ha per essere fedele alle idee di Berlusconi è portare avanti le riforme liberali». Come una fiaccola. Si avventura in una metafora olimpica Paolo Del Debbio, per spiegare quello che si aspetta - dopo la sentenza della Cassazione - per il futuro del Pdl. O meglio della nuova Forza Italia, di cui tanto si parla. E lo dice uno che del programma della prima Forza Italia è stato l’estensore nel lontano 1994. Collaboratore della prima ora del Cavaliere, è stato coordinatore del Centro studi di Fininvest, braccio destro di Fedele Confalonieri, poi ha diretto l’Ufficio studi di Forza Italia. Dopo una parentesi in politica come assessore a Milano, da qualche anno è tornato al giornalismo (conduce Quinta Colonna su Rete4) e all’insegnamento universitario. «Io ho avuto due punti di riferimento: Berlusconi e Confalonieri. Al primo debbo di avermi preso in azienda e fatto crescere. Poi gli devo l’esperienza politica. È un uomo inventivo e di grande generosità, doti rare. Sono molto dispiaciuto», confessa a botta calda.
Come giudica la sentenza?Basata sul nulla. Non ci sono passaggi di denaro, non c’è la prova che lui si occupasse di queste cose. L’ha detto Coppi, che è un principe dei penalisti. E non è che cessa di esserlo perché ha difeso Berlusconi. Sono teoremi. C’è voluto tanto in Occidente per avere un processo non fatto sui teoremi, ma sulle prove. In Italia, una delle culle del diritto, invece si è tornati indietro. Non va bene.
Ma il fatto di avere il leader condannato non è un pregiudizio forte per il centrodestra? Grillo attacca già: Berlusconi è morto. La sentenza non rischia di esser davvero la pietra tombale su una storia ventennale?Grillo stia attento a non essere becchino di se stesso. “Berlusconi è morto” l’hanno detto in mille, anche dentro il Pdl, e nessuno ha avuto ragione. Berlusconi c’è. E la condanna non cambia nulla dal punto di vista storico: è un soggetto politico italiano. C’è un patrimonio di idee. Resta un blocco sociale molto ampio. Come anche l’elettorato. Lo si è visto alle ultime elezioni, quando tutti davano Berlusconi per finito.
Ma il Pdl, presente e futuro, può permettersi un Berlusconi limitato nell’azione, una leadership azzoppata?Staremo a vedere, per ora non è interdetto da nulla. Poi, ci sono persone che in posizione di relativo azzoppamento hanno continuato a essere l’anima di movimenti. Non è che se lo si mette da parte, tutto quello che lui ha significato non c’è più.
La nuova Forza Italia da cosa deve ripartire? Non è stato un limite essere un partito leaderistico?Guardi, già con il Pdl il progetto originario aveva subito qualche appannamento. Per questo è stato deciso il ritorno a Fi, per ridare vigore all’idea originaria. Può essere che ora dal momento di difficoltà - che ci sarà, non ci si può girare intorno - nasca il soggetto giusto, che possa riprendere le redini. C’è Angelino Alfano nel pieno delle sue funzioni. Non è un bambino. C’è un gruppo dirigente. Certo succedere al fondatore non è facile. Chi talora ha pensato che Berlusconi fosse un elemento transeunte o sostituibile, è poi finito con un pugno di mosche in mano. Un movimento leaderista ha dei problemi, certo. Ma così è nato e così è. Le gambe del coniglio non si raddrizzano.
Non c’è il rischio che ora qualcuno nel partito cavalchi la condanna, come "complotto"?Guardi, ora c’è bisogno che qualcuno prenda in mano la fiaccola. Ci vuole un tedoforo - o un gruppo di tedofori - come alle olimpiadi, che - per essere fedeli alle idee di Berlusconi porti avanti le riforme liberali. Certo la critica è legittima, si parlerà di golpe, ma l’essenziale è questo.