La crisi della famiglia è grave ma non irreversibile. Politiche familiari adeguate possono contribuire ad invertire una tendenza che rischia di avvelenare il clima sociale e di annullare quel patto generazionale che per tanti anni ha assicurato il benessere relazionale indispensabile al futuro del Paese. La terapia che potrebbe rivelarsi vincente si chiama - come ha annunciato ieri il sociologo Pierpaolo Donati alla Conferenza nazionale della famiglia di Milano - "Family mainstreaming". È in sostanza quel Piano nazionale per le politiche familiari che l’Italia non ha mai avuto e che dovrebbe raccogliere in modo organico tutte le iniziative finalizzate a rendere più agevole la vita delle famiglie, a partire dall’impegno educativo e dalle relazioni tra genitori e figli. Dalla "tre giorni" che ha preso il via ieri nel capoluogo lombardo dovrebbe infatti uscire un documento quanto più possibile completo e condiviso, perché frutto di sintesi tra le proposte del governo, le analisi degli esperti e le osservazioni delle associazioni familiari. Sono otto i punti fermi del Piano illustrato ieri da Donati, che è anche direttore tecnico-scientifico dell’Osservatorio nazionale sulla famiglia. Innanzi tutto c’è la
Cittadinanza sociale della famiglia. «Significa che i nuclei familiari dovrebbero avere più diritti dei singoli perché - ha spiegato – esplicano relazioni positive che vanno a vantaggio dell’intera società». Subito dopo, il Piano definisce le caratteristiche delle
politiche familiari che dovrebbero risultare «esplicite e dirette». La prima sottolineatura è importante per differenziare gli interventi a favore dei nuclei familiari da quelli genericamente assistenziali. «Non meno importanti – ha fatto notare Donati – ma si tratta di un altro tipo di aiuti». Altro punto qualificante del Piano nazionale
l’equità sociale verso la famiglia, che si fonda su due valori irrinunciabili: la
sussidiarietà e la
solidarietà. Il principio di sussidiarietà, ha spiegato il sociologo, è importante perché impone agli organismi pubblici di promuovere e affiancare i nuclei familiari ma non di sostituirsi ad essi. Mentre la solidarietà va intesa soprattutto come sollecitazione a ricreare una ragnatela di aiuti, di contributi, di vicinanza tra nuclei familiari. Significativo anche il punto che qualifica il
welfare familiare come "sostenibile e abilitante". «Non vogliamo che il welfare intervenga direttamente sulle condizioni di vita delle famiglie perché questo significherebbe - ha sottolineato il sociologo - ricadere nel vecchio assistenzialismo. La rete sociale che immaginiamo è invece indirizzata alla capacità di attivare circuiti virtuosi di scambio, interni ed esterni alla famiglia». Un welfare rinnovato, insomma, lontano dal modello tradizionale di impostazione lib-lab (liberale e riformista), un sistema che, guardando appunto le vita concreta delle famiglie, sia di tipo «relazionale, sociale e sussidiario». Di grande rilievo, sempre secondo l’analisi di Donati, le
«alleanze locali», cioè tutto quel fermento di proposte, prese di posizioni, iniziative che in questo ultimo decennio ha vivacizzato il panorama delle politiche familiari. «Proprio a livello locale - ha fatto notare Donati – si sono registrate le novità più interessanti». Il sociologo ha citato, tra le altre iniziative, il "Distretto famiglia" nel Trentino (la rete di iniziative a favore dei nuclei familiari che unisce pubblico e privato), il "Quoziente Parma" (il modello inaugurato nel capoluogo emiliano su iniziativa del Forum per una fiscalità modellata sul numero dei figli) e le varie proposte di auditing famiglia-lavoro. Ultimo punto del Piano nazionale
il monitoraggio della legislazione e le valutazioni di impatto familiare. «Entrambi fondamentali - ha spiegato Donati - perché anche le politiche più efficaci potrebbero rivelarsi inadeguate senza una verifica puntuale. E soprattutto senza accertare se e quanto i nostri provvedimenti sono risultati davvero importanti per la vita concreta delle famiglie».