Attualità

DIGITALE. Scaglioni: «In dieci anni il sistema è cambiato. Le reti generaliste ora coprono il 70%»

Alessandro Zaccuri mercoledì 4 luglio 2012
Lo switch-off ai tempi del paradosso. Così Massimo Scaglioni, docente di Storia dei media all’Università cattolica di Milano, riassume il clima in cui si sta compiendo il passaggio al digitale terrestre nel nostro Paese. «La domanda di tv non è mai stata così forte – spiega –, eppure mai come in questo momento le emittenti si sono trovate nella necessità di operare forti tagli, specie in conseguenza della crisi della raccolta pubblicitaria. Con il rischio di produrre di meno e, quel che è peggio, di investire di meno nell’innovazione del prodotto».Una situazione di stallo, dunque?«Non direi. Per la televisione quello che si sta chiudendo è stato un decennio esplosivo, in cui è stata ribadita la centralità di uno strumento che qualcuno si era affrettato a dare per obsoleto. Non dimentichiamo che, all’altezza del 2002, la tv italiana si riduceva a sette reti generaliste, alle quali in ogni regione si aggiungeva una manciata di emittenti locali. Oggi invece, tenendo conto sia del digitale terrestre sia del satellite, si ragiona in termini di centinaia di canali diversi».La televisione generalista è morta?«Niente affatto. È cambiato il sistema, che oggi si assesta sulla logica del 70-30: le reti generaliste assorbono il 70% degli ascolti, il rimanente 30% è ad appannaggio dei nuovi canali digitali».Da qui la frammentazione degli ascolti?«Sì, ma anche la necessità di adottare metriche che cerchino di essere altrettanto innovative. Mi spiego: qualche anno fa, quando furono diffusi i primi dati di ascolto delle cosiddette “altre tv”, si fece molta ironia a proposito dei presunti <+corsivo>nanoshare. <+tondo>Ma in questo momento sono proprio questi profili in apparenza minoritari, ma in effetti molto ben delineati, ad attirare maggiormente l’interesse degli investitori».Ma la nuova televisione non doveva essere interattiva?«E lo è, in effetti. Solo che quella che tecnicamente si definisce “convergenza dei contenuti” si realizza mediante la “divergenza degli strumenti”: basta navigare nel web, accendere uno smartphone, frequentare qualche social network e ci si accorge che la tv è uno degli argomenti più dibattuti. E continuerà a esserlo ancora per bel un po’».​