Intervista. Prodi: «Governo Conte, si vada avanti. Non ci sono alternative»
Un ritratto di Romano Prodi
«Non è il momento della rottura, è il momento della continuità. E ogni alternativa a Conte ci metterebbe in una condizione di difficoltà». Ventitré parole spiegano già molto: Romano Prodi crede e scommette sulla necessità della continuità del governo guidato da Giuseppe Conte.
«I numeri saranno risicati, ma ci saranno. Poi potranno anche crescere». Per qualche istante il Professore si ferma a pensare prima di allargare quel ragionamento. «Quei numeri, però, non cresceranno mediando, ma solo correndo in avanti. Il Paese ha bisogno di uscire dalla pandemia con qualcosa di grande, di nuovo. C’è bisogno di proposte con la P maiuscola e se fossi matto metterei in questa lista anche il Servizio civile obbligatorio».
Quella che sembra quasi una provocazione serve a Prodi per sottolineare la grandezza delle sfide da affrontare. Economiche e sanitarie. «Sarò un inguaribile ingenuo ma sono certo che il vaccino vince. Avremo paura per altri cento giorni, ma la fine dell’incubo è lì, la vedo».
Prodi non aspetta la domanda. La anticipa. «Mi vaccinerò con totale fiducia. Appena possibile. Posso ancora testimoniare le tragedie della poliomielite per capire quanto sia grandioso il vaccino. Ho fatto l’anti-herpes, il pneumococco. Da trent’anni faccio l’anti-influenzale...». È una parentesi di un’intervista "larga". Prodi lega la navigazione di Conte ai grandi nodi che interrogano il nostro Paese: la presidenza Biden, il rapporto con l’Europa, le disuguaglianze, le sfide economiche. Poi "regala" un primo suggerimento al presidente del Consiglio: «Ora la sfida europea ci obbliga a voltare pagina. Servono obiettivi comuni che trasformino un Paese perdente fin dai tempi della crisi in un Paese vincente».
Le riforme che ci chiede la Ue?
Ci sono due categorie di riforme necessarie. Le prime propedeutiche alle seconde: rendere possibili i lavori pubblici, certi i tempi della giustizia, fare un salto in avanti nella lotta all’evasione, eliminare le paralisi nelle decisioni... Non dimentichiamo che l’Unione Europea ritiene necessarie queste riforme come condizione per utilizzare le risorse del Next generation EU.
L’urgenza di questa condizione è sfuggita fino ad ora nel dibattito politico.
È proprio così, ma ora però non si può più perdere tempo: entro marzo-aprile vanno dati segnali netti. Vede, il Next generation ci pone davanti un dilemma: aiutiamo la generazione futura o la roviniamo con un debito insopportabile? È la grande occasione. La somma disponibile è mostruosa. Enorme. Ma bisogna partire subito. Bisogna creare un centro di decisione con poteri e con forza. Serve l’impegno di governo e Parlamento. E soprattutto serve un Paese coeso. Stabile. Credibile.
E l’Italia non è tutto ciò. Professore come veniamo visti nel mondo?
Male, male, male. Next generation EU è un progetto pensato per dare stabilità. Se viene accolto con una crisi, con una voglia di discontinuità, quale vuole che sia il giudizio del mondo? Che possono dire Germania e Francia? Ho visto i titoli della grande stampa estera e mi hanno colpito.
Pensa al Financial Times contro Renzi «distruttore»?
Ho solo una parola per definire l’apertura della crisi: follia. Ma ci sono politici che quando si accorgono che stare in coalizione non paga si innervosiscono, poi impazziscono e dopo ancora buttano tutto all’aria.
Conte è stato durissimo con Renzi.
Non l’ha "schiaffeggiato" come fece con l’altro Matteo, ma certo ora la porta è chiusa. Renzi gli dà dell’anti-democratico, esce dal governo... È rottura completa. Quando si colpisce la dignità venire a compromessi è solo un segno di debolezza.
Cosa ha sbagliato finora Conte?
Ha lasciato che per mesi i partiti di governo mettessero all’ordine del giorno solo le cose che li dividevano. Ho quasi pensato a una scelta masochista. La svolta che serve è che ci si occupi dei grandi progetti necessari per il nostro futuro. Solo così un governo diventa forte. Perché non sono i giochi parlamentari ad aumentarne l’efficacia, sono le azioni. La forza di un governo sta nel guidare verso obiettivi che vengano sentiti come capaci di cambiare il Paese.
Non la imbarazza l’idea di un governo che si regge su una pattuglia di "responsabili"?
L’alternativa anti-Europa metterebbe l’Italia ko. L’Italia ha una necessità assoluta di dialogare in modo credibile con i nostri interlocutori europei.
E l’ipotesi di scuola di un governo tecnico?
Non è mai esistito un governo tecnico, è una finzione. Nello stesso momento in cui entra in Parlamento diventa politico. Anche Monti era un tecnico ed è diventato politico il giorno dopo.
Conte indica una legge proporzionale...
Ma il mio slogan resta immutato: con il proporzionale il Paese non si salva, con il maggioritario forse. Certo siamo rimasti in due o in tre a pensare a un maggioritario, ma rifletta sulla legge per i sindaci. Con l’elezione diretta abbiamo governi delle città che durano, prima si passava da una crisi a un’altra. Conte dice proporzionale perché questa appare una volontà largamente condivisa, ma non è detto che una volontà collettiva porti a una buona soluzione. Si fanno anche tanti peccati collettivi.
Sta chiedendo al premier un cambio di rotta?
No, lo dico per testimonianza. Io non sono tra i decisori. Sono a Bologna. Studio, penso, scrivo e spero nel futuro dell’Italia.
Come sarà il futuro?
Abbiamo l’occasione per aggiustare almeno un po’ le insopportabili disuguaglianze. Il Covid le ha ampliate, a chi governa toccherà il compito di mettere le cose a posto pensando che chi più ha più deve contribuire.
Patrimoniale?
Purtroppo viviamo in un Paese in cui da qualche anno qualsiasi proposta che porti a una meno iniqua distribuzione dei redditi, si tratti di fisco o di patrimoniale, viene accusata di comunismo.
E da chi?
La risposta è scontata: è sempre stata la tesi espressa da Silvio Berlusconi.
Lei pagherebbe?
Io pagherei, certamente.
La sfida di superare le disuguaglianze interrogherà anche il mondo?
Le divisioni e le differenze sono impressionanti. E non soltanto tra un Paese e un altro. Lo sono ancora di più all’interno dei singoli Paesi. Nel mondo capitalistico, in Cina, nei paesi più poveri le distanze interne sembrano incolmabili e solo operando su Sanità e Istruzione sarà possibile aiutare a diminuire progressivamente il divario tra ricchi e poveri.
È arrivato il giorno di Biden... Come dovrà essere il rapporto Italia-Usa?
Torniamo a un’America filo Ue. Per Trump l’Europa era un nemico, ma nemmeno quella di Obama aveva un rapporto stretto con l’Unione. Ora si apre una stagione nuova dove la Ue deve parlare, con una sola voce, nei rapporti commerciali e in quelli politici nel Mediterraneo, nei Balcani, in Africa. L’Italia? Deve essere presente a Bruxelles. E non è solo una questione che riguarda il primo ministro. Servono candidature forti per i tanti ruoli e i tanti compiti dell’Unione europea. Questa è la credibilità. È fornire figure di alto livello. È dimostrare peso e coerenza.