Era stato tra i primi a parlare della necessità di un nuovo governo di responsabilità nazionale, per fronteggiare la crisi economica e fare le riforme. L’esponente del Pdl Beppe Pisanu, presidente della Commissione parlamentare antimafia, non ha cambiato idea. Come ci conferma in questa intervista dove parla anche dei cattolici in politica, di Bossi e della legge elettorale.
Nonostante la tempesta e i sondaggi che lo danno in calo verticale, il governo e Berlusconi sembrano voler andare avanti per la loro strada. Pensa che sia ancora necessario dare vita a un esecutivo di unità nazionale?Parliamoci chiaro. L’intreccio perverso tra crisi economica e crisi etico-politica sta portando l’Italia alla rovina. L’unica via di uscita è mettere insieme le migliori energie del Paese per riconquistare la fiducia dei mercati, per ridistribuire con equità il peso crescente della manovra finanziaria e per riavviare il motore della crescita. Consapevoli di tutto questo, le grandi organizzazioni sindacali ed economiche hanno trovato un largo accordo superando forti e legittime divisioni in nome del bene comune. Se i partiti politici non faranno altrettanto, finiranno per farlo le persone di buona volontà che sono rimaste in Parlamento.
Alfano è alle prese con la costruzione del Partito popolare europeo in Italia. Molti dicono che non dovrà essere una semplice fotocopia del Pdl. Quali dovranno essere i punti di discontinuità rispetto al passato?Il Pdl non ha mai assunto forma organizzativa e consistenza politica ben definite. Alfano ha dunque molto spazio e molto lavoro. Anche il Ppe è cresciuto nel corpo, ma si è infiacchito nel cuore e nel cervello. La discontinuità vera, in Italia come in Europa, è rimetterci in cammino, con le parole e con i fatti, sulla via tracciata da De Gasperi, Schuman e Adenauer, raccogliendo a viso aperto le sfide del nostro tempo.
Dentro Casini e fuori Bossi: c’è questo nel futuro del centrodestra?Personalmente, ho molto in comune con Casini e poco con Bossi. Comunque, non è questione di rimpiazzi, bensì di idee, programmi e coerenti comportamenti politici. Ma il Pdl non avrà futuro senza una forte e autorevole presenza cattolica.
E che cosa ne dice della polemica di Bossi con il capo dello Stato sui ministeri al Nord?Dico che Bossi ha torto sul piano costituzionale e sul piano pratico. I ministeri non sono trasferibili. E gli uffici di rappresentanza non sono giustificabili perché esistono già le prefetture che sono definite, per l’appunto, uffici territoriali di governo.
C’è grande fermento nel mondo cattolico per la ripresa di un impegno politico più visibile e più efficace. C’è chi pensa a un nuovo partito, chi vorrebbe disarticolare il bipolarismo e ricostruirlo su basi diverse e chi, invece, ritiene acquisito il bipolarismo e si batte per favorire il dialogo sui valori non negoziabili tra i cattolici dei due schieramenti. Lei che ne dice?Dobbiamo riconoscere onestamente due dati di fatto: il primo, che l’esperienza dell’unità politica dei cattolici è storicamente esaurita; il secondo, che la successiva diaspora è fallita. Ciò premesso, oggi nulla impedisce che non tutti i cattolici, ma molti cattolici, possano ritrovarsi insieme ad altri per governare il presente e portare alla costruzione del futuro il contributo, secondo me indispensabile, della dottrina sociale della Chiesa e dell’universalismo cristiano. Per questa via passano sia la ricomposizione del sistema politico italiano sia l’avvio di una democrazia matura dell’alternanza; una democrazia, cioè, impostata su schieramenti omogenei e sulla sovranità del cittadino elettore.
L’ex ministro Bondi sostiene, però, che il partito cattolico esiste già ed è il Pdl. Non sono d’accordo. Fatte salve alcune rispettabilissime posizioni personali, la storia, la cultura e la prassi politica dei cattolici italiani sono marginali nel Pdl. Non a caso c’è tanta inquietudine e tanto fervore di iniziative nel mondo cattolico.
La legge elettorale sarà determinante per decidere il futuro del nuovo assetto politico? E se sì, quale sistema lei vedrebbe di buon occhio?Realisticamente, cioè guardando più alle cose fattibili che a quelle desiderabili, penserei al ripristino della legge Mattarella, sia pure con qualche correttivo sostanziale. Il sistema non è perfetto, ma credo che con esso si restituirebbe il potere sottratto al cittadino elettore, si eviterebbe la frammentazione, si salverebbe il meccanismo bipolare e si garantirebbe una più compiuta rappresentanza al pluralismo culturale e politico italiano. Quest’ultimo non è riconducibile allo schema anglosassone. Ci abbiamo provato e abbiamo ottenuto l’attuale bipolarismo selvaggio.
Ha parlato di correttivi. A che cosa pensa?Intanto a uno sbarramento più alto nella quota proporzionale. Poi a un divieto stringente per le cosiddette liste civetta, che hanno spesso falsificato il risultato. Infine, pur sapendo che sono molto difficili da regolamentare, all’introduzione di elezioni primarie nei collegi uninominali.