L'intervista. «Sull'Iraq chiamati a decisioni nette»
«L'Italia deve decidere, o ci siamo e diamo il nostro contributo o, se non ce la sentiamo, allora torniamo a casa. Questo è il dilemma di far parte della Coalizione americana in Iraq. La nostra situazione non è ancora sostenibile per molto». È pragmatico il generale Vincenzo Camporini, già capo di Stato Maggiore dell’Aeronautica e capo di Stato Maggiore della Difesa dal 2008 al 2011, periodo in cui ha gestito le nostre missioni in Afghanistan, Libano e Kosovo. «Io non sono né a favore né contro, la mia è solo una constatazione», precisa il generale, che attualmente è vicepresidente dell’Iai, Istituto Affari Internazionali, riguardo all’ipotesi di raid aerei italiani sull’Iraq contro l’Is.Generale, russi, americani, turchi, francesi hanno cominciato a bombardare Siria e Iraq, ma senza un vero coordinamento.E questo creerà dei problemi. Le iniziative francesi in Siria presentano problemi di carattere giuridico-legale. Perché mentre il governo iracheno ha chiesto il supporto alla coalizione, il governo siriano non ha chiesto ai francesi di intervenire, ma ai russi. Inoltre, agire in zone dove operano altri senza coordinarsi potrebbe portare a non voluti incidenti.Questi bombardamenti però non paiono efficaci per sradicare l’Is.Il bombardamento americano è puramente simbolico, con una decina di raid al giorno in un territorio grande come Germania e Italia insieme. Per le operazioni sul Kosovo, c’erano 450 aerei da combattimento schierati solo in Italia, oltre a quelli schierati in Gran Bretagna e Stati Uniti, e i raid erano centinaia al giorno.
Il rischio di colpire vittime civili innocenti sarebbe altissimo.Ora è possibile fare una individuazione dei target dall’aria. Certo, non avere nessuno sul territorio rende le cose più difficili. L’ideale sarebbe avere un segnalatore a terra col designatore laser che indichi l’obiettivo. La precisione in questi casi è di un metro. Ma anche bombe con precisione altissima colpiscono l’obiettivo il 96-97 per cento delle volte. Un 3 per cento vanno “dove vogliono”. Questo è il prezzo di cui un politico che decida di autorizzare i raid deve essere consapevole.
I russi però stanno bombardando con tanto di uomini sul terreno.Avrei qualcosa da ridire sui bombardamenti russi. Da quello che loro stessi mostrano, usano degli armamenti che noi abbiamo dismesso da tempo, perché contrari ai diritti umani, come le bombe a grappolo. D’altronde, loro il protocollo occidentale non l’hanno firmato.
E l’Italia? È vero che gli americani spingono per un nostro intervento aereo?Al momento i nostri Tornado sono utilizzati per ricognizione senza impiegare l’armamento di bordo. Ma sarà difficile che la situazione continui così. Credo che di questo stia parlando il ministro della Difesa Roberta Pinotti con il capo del Pentagono, Ash Carter, nel loro incontro a Sigonella.
Ma perché non si interviene a terra?Gli americani lo hanno fatto coi peshmerga e i curdi. Ma la qualità e l’addestramento del personale locale non è ottimale. Sarebbe molto più efficace avere truppe occidentali in loco, abituate a operare coi nostri aeroplani. Ma nessun Paese occidentale, dopo tanti anni di missioni in Iraq, ha più voglia di rimettere i proprio soldati su quel terreno.Ma quali alternative ci sono?La matassa è intricata. Mentre normalmente si dice che il nemico del mio nemico è amico mio, qui invece, in modo paradossale, è nemico mio. Basti pensare ai rapporti di convergenza tra Israele e Arabia Saudita. Identificare qualcuno del posto di cui fidarsi per condurre le operazioni sul terreno è difficilissimo, vedi il fallimento delle operazioni addestrative degli Usa. Quelli che venivano addestrati, una volta ricevute le armi, si arruolavano con altri. Putin però ha le idee chiarePutin sta giocando a scacchi in modo abilissimo. La Russia vuole tornare ad essere una potenza rilevante e acquisire benemerenze per negoziare la sua posizione sull’Ucraina. Noi occidentali tendiamo a giocare da una parte o dall’altra, senza renderci conto dello scenario globale.Qualcuno sostiene che la potenza militare dell’Is sia un bluff.Mai sottovalutare il nemico, è un errore drammatico. I combattenti dell’Is hanno dimostrato di essere capaci di gestire operazioni complesse. Buona parte sono gli ex ufficiali dell’esercito di Saddam, che si sono impadroniti di sistemi d’arma moderni, compresi quelli americani. Ma non credo a un futuro attacco all’Occidente. Il sedicente califfato sta combattendo una guerra all’interno del mondo islamico, fra potenze regionali che ambiscono ad avere ruolo egemonico.