Attualità

IL RICORDO. Andreotti e la Costituzione: deve essere patrimonio comune (21/6/2007)

Enrico Lenzi lunedì 6 maggio 2013
«Davvero una bella traccia, anche se immagino sia stata dura per i ragazzi». È piacevolmente sorpreso il senatore a vita Giulio Andreotti. Del resto lui quel «laborioso cammino dalla dittatura a una partecipazione politica compiuta» l'ha vissuto in prima persona. «Rendere il clima di quegli anni è difficile anche per la mia generazione» ammette, ma quasi senza volerlo comincia a raccontare quel periodo, quasi stesse svolgendo in prima persona il saggio breve. «Quel cammino ebbe nella Carta Costituzionale il suo punto d'arrivo, ma il vero motivo di confronto politico che animò quegli anni fu la scelta della forma istituzionale: monarchia o repubblica» spiega. «Una scelta travagliata - aggiunge -, anche perché il Paese si divise quasi a metà con un Sud decisamente più monarchico».
Il viceministro Bastico ha detto che i ragazzi devono conoscere la Carta Costituzionale.«È giusto, anche se penso che non sia un patrimonio acquisito per le nuove generazioni, come avviene invece in altri Paesi. Da noi non è così. Ma del resto neppure quando ero ragazzo io e vigeva lo Statuto Albertino ne avevamo una grande conoscenza, se non del giorno in cui veniva festeggiato».Dunque ben venga questa occasione?«È utile. La Carta Costituzionale suscitò molto interesse quando entrò in vigore nel 1948, ma il grado di accoglienza nelle varie parti del Paese risentì ancora del clima conflittuale legato alla precedente scelta istituzionale del 1946. Furono momenti appassionanti».
Cosa Le è rimasto più impresso di quei momenti?«Il senso di solitudine in cui venne a trovarsi nell'immediato dopoguerra l'Italia. Mussolini si vantava dicendo "molti nemici, molto onore". Devo dire che riuscì a fare il pieno di nemici, visto il clima ostile in cui venne a trovarsi il nostro Paese alla fine della guerra. Poi fortunamente le cose cambiarono e anche l'adesione al Patto Atlantico aiutò a migliorare il clima internazionale nei nostri confronti nel mondo occidentale».Quel cammino fu davvero partecipazione politica compiuta in quegli anni?«Direi proprio di sì. Vennero istituiti due ministeri ad hoc. Uno per la Consulta, e uno per la Costituente, a cui venne affidato il compito di stendere la nuova Carta Costituzionale. In quel passaggio storico a seguire la Costituente fu Pietro Nenni, che però seppe coinvolgere i più importanti giuristi e docenti che diedero un contributo importante».E oggi a quasi 60 dal varo della Costituzione possiamo parlare di partecipazione politica compiuta nel nostro Paese?
«Anche in questo caso rispondo di sì. Ritengo che si sia raggiunto un equilibrio tra una struttura centrale e quella regionale nelle sue diverse articolazioni. La prassi ha contribuito a crearla abbastanza bene. Abbiamo cammino bene in questi 61 anni di vita repubblicana».                               da Avvenire del 21/6/2007