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Pagnoncelli. «Diffidenza e scetticismo: serve fare i conti col partito del non-voto»

Paolo Ferrario martedì 11 giugno 2024

Nando Pagnoncelli

Benvenuti nella “democrazia del pubblico”. Con più di un elettore su due che non è andato a votare, l’Italia è la rappresentazione plastica della definizione coniata dal politologo francese Bernard Manin. Con l’elettore che da protagonista diventa semplice spettatore e non sente la responsabilità della decisione. «Semplicemente, non si sente parte in causa», sintetizza il sondaggista Nando Pagnoncelli, amministratore delegato di Ipsos Italia.

Professore, come è potuto accadere che l’astensionismo diventasse il primo partito italiano?

Veniamo da decenni di discredito della politica e come si poteva pensare che, improvvisamente, gli elettori le riassegnassero valore? Questo processo di accusa permanente nei confronti della politica, di accusa generalizzata, deve fare i conti con il fatto che il cittadino non si sente responsabilizzato e non è consapevole del fatto che lui stesso è responsabile dell’esito del voto. E non è responsabile soltanto nel momento in cui vota, ma nel partecipare attivamente alle vicende politiche e sociali del proprio Paese.

Chi fa parte del partito dell’astensione?

Proprio perché è il gruppo più numeroso e rappresenta la maggioranza assoluta dei cittadini, non dobbiamo considerarlo come un unico gruppo caratterizzato dalle stesse motivazioni. E forse quello che è mancato in questi anni è un’analisi approfondita di un fenomeno che ha molti aspetti. Sicuramente una componente legata alla situazione economica: chi vive una situazione di maggiore difficoltà, tende ad essere meno interessato ad andare a votare, perché più sfiduciato, perché ritiene di non essere oggetto di attenzione da parte della politica e, pertanto, non è particolarmente motivato a mobilitarsi per andare a votare. Ha perso molte speranze. Ci sono poi altre componenti importanti legate, per esempio, alla distanza psicologica rispetto alla politica. Nelle generazioni precedenti, la politica era forse il tratto identitario prevalente. Ma i cambiamenti che abbiamo vissuto negli ultimi anni, fanno sì che la politica, per la stragrande maggioranza dei cittadini, sia una sorta di frammento dell’identità. E nemmeno il più importante.

Come recuperare il non-voto?

La politica ha tutto l’interesse a recuperare l’astensione. È vero che il risultato è del tutto legittimo, ma essere votati da una minoranza degli elettori, significa avere a che fare con una stragrande maggioranza che per i tre quarti non ha votato chi ha vinto. Che deve così fare i conti con diffidenza e scetticismo. L’astensionismo è un elemento che può mettere in difficoltà chiunque vinca e decida di intraprendere una politica di riforme di un certo tipo. Perché potrebbe incontrare l’opposizione fortissima degli elettori. E poi c’è l’astensionismo involontario.

Di che cosa si tratta?

In Italia ci sono 2,8 milioni di over 65 che hanno problemi di mobilità e dovrebbero essere accompagnati al seggio. Altri 4,9 milioni di persone nel giorno delle elezioni sono a più di 240 chilometri di distanza dal proprio comune di residenza. Sommando questi due valori si arriva a 7,7 milioni di persone. Che non è detto che sarebbero andati tutti a votare, ma tutti devono essere messi nelle condizioni di poterlo fare.

Da domenica sera l’Italia è un po’ più bipolare?

L’Italia esce un po’ più polarizzata, ma attenzione perché l’area centrista non è irrilevante dal punto di vista numerico. Però bisogna che faccia proposte credibili che sia in grado di far intravedere un’idea di Paese con delle proposte, anche molto concrete, che possano caratterizzare una proposta politica alternativa al centrodestra e al centrosinistra.

E in questo scenario come si posizionano i cattolici?

Come la politica, anche la fede è ormai un frammento dell’identità. Già nel 2022, in occasione delle ultime elezioni politiche, dicevo che il voto cattolico è una sorta di pia illusione. E ne abbiamo avuto conferma in questa campagna elettorale europea, nella quale si è parlato molto poco di Europa. I credenti avrebbero potuto e dovuto far sentire un po’ di più la loro voce, anche oltre il dibattito su Avvenire. Ma sono stati praticamente silenti né più né meno degli altri.