«Non è un segno di debolezza. Tutt’altro. È l’esatto contrario: una prova di democrazia, sagacia e lungimiranza». Dopo aver plaudito allo stop imposto dal Parlamento inglese al premier David Cameron, ora, Pier Ferdinando Casini, presidente della Commissione Esteri del Senato, approva la scelta di Barack Obama di sottoporre al voto del Congresso la decisione di intervenire in Siria. «È la dimostrazione che i Paesi democratici hanno una carta in più – aggiunge Casini –. E quella carta sono i Parlamenti». Questi ultimi – come dimostrano i casi inglese e statunitense – sono tornati gli arbitri della situazione. «Meno male, direi. In un momento tanto delicato, non è opportuno espropriare i rappresentanti diretti del popolo del loro potere decisionale».
Crede che il Congresso Usa seguirà l’esempio del Parlamento britannico?Purtroppo penso di no. E commetterà un errore.
Perché?Perché considero profondamente sbagliata un’iniziativa militare nello scenario siriano. E non di certo per stima nei confronti di Assad: il regime di Damasco si è macchiato delle peggiori atrocità. Dobbiamo, però, considerare con attenzione la situazione. Ad opporsi alla dittatura non è un movimento liberale e democratico ma una compagine eterogenea in cui sono infiltrati stabilmente elementi jihadisti. Si corre, dunque, il rischio di passare dalla padella alla brace. Di abbattere un tiranno per far posto ai terroristi. Mi domando: il caso egiziano non ci ha insegnato niente? Là, abbattere il dittatore Mubarak ha coinciso con la nascita di un sistema democratico?
Lei, dunque, non si fida dell’opposizione siriana.Assolutamente no. Se la comunità occidentale fosse intervenuta con una strategia definita mesi fa, quando ancora il movimento anti-Assad dava garanzie, si sarebbe potuto avviare un processo di transizione democratica. Ora, però, quelle condizioni non ci sono più. Al Qaeda ha approfittato del caos per penetrare in Siria e acquisire un ruolo importante nella lotta al regime. A questo, si aggiungono gli effetti deflagranti che un intervento armato in Siria potrebbe produrre sui Paesi confinanti. In primo luogo, in Libano data la presenza di Hebollah. E i militari italiani impegnati nella missione Unifil sarebbero i primi a subirne le conseguenze nefaste. La Siria è una polveriera. Accendere la miccia è facile. Il difficile è contenere l’esplosione.
Che cosa propone, dunque? Quale vede come soluzione possibile?È fondamentale associare la Russia in un negoziato che costringa Assad a dare il via a Ginevra 2, il cui inizio è stato congelato. Il momento è favorevole per riprendere il progetto. Alla luce della posizione dura di Washington, Mosca sembra più propensa a collaborare. E ad utilizzare i suoi “buoni uffici” per premere su Damasco. Anche qui bisogna essere chiari. La Russia ha agito con estrema spregiudicatezza nella questione siriana. La sua collaborazione resta però chiave per mettere fine ala violenza.
Perché Mosca è tanto rilevante?Perché se nell’attuale scenario globale, risolvere i conflitti con una concertazione multilaterale è difficile. Senza, però, è impossibile.