«La scuola ha bisogno di essere unita per diventare davvero una priorità nel Paese e nell’azione di governo». È un appello forte quello che Luigi Berlinguer, già ministro dell’Istruzione (1996/2000), autore delle leggi di autonomia e parità scolastica, e attuale parlamentare europeo del Pd, rivolge all’opinione pubblica italiana. Molto «c’è da fare», ma «non mancano coloro che hanno già intrapreso la strada dell’innovazione». E questo «è motivo di speranza concreta». Una posizione che Berlinguer ha voluto anche esprimere in un libro edito da Liguori-Napoli, dal titolo
Ri-creazione. Una scuola di qualità per tutti per ciascuno, che sarà in libreria tra una decina di giorni
La scuola da oltre due decenni sta vivendo un percorso accidentato. È cresciuta la diffidenza dei genitori, i docenti sono sfiduciati, i ragazzi non sembrano appassionarsi. È possibile invertire la rotta?Il quadro è decisamente variegato, con luci e ombre per tutti i soggetti coinvolti. Sono dell’idea che l’impianto educativo vada cambiato dalle fondamenta. La rotta non solo è possibile, ma deve essere invertita, pena il degrado e il declino definitivo. Da parte mia ho speranza perché nella mia attività nel mondo dell’educazione ho incontrato centinaia di scuole e migliaia di insegnanti, che hanno già iniziato a cambiare. Bisogna dirlo: già ora ci sono molti docenti e dirigenti che hanno iniziato a realizzare l’innovazione e lo fanno senza guadagnarci nulla e magari senza essere certi di poterne vedere gli effetti a lungo termine. Ma hanno iniziato, spinti dalla deontologia e dalla passione. Peccato che la burocrazia non lo riconosca.
La Chiesa ha messo in campo sette parole, sette piste di lavoro. Da quale partirebbe per ridare slancio alla scuola?Premetto che tutte queste parole sono legate tra loro. Se proprio devo indicare una priorità, direi gli insegnanti, perché è con questi docenti che cammina la scuola. E anche le esperienze nel Nord Europa e in Asia, dove vi sono scuole di qualità, hanno investito proprio sui docenti per il loro cammino di miglioramento, cambiando l’impianto educativo, il metodo e i contenuti. Ecco forse aggiungerei una parola: innovazione. Anche in questo caso vi sono già docenti e dirigenti che hanno intrapreso questo cammino. Con la rivista online che dirigo
Education 2.0 (sito
www.educationduepuntozero.it), cerchiamo di sostenere questo loro impegno, spingendo sul tema della comunità educante. Questo mi da speranza, fondata su protagonisti già attivi. Certo vanno riconosciuti, valutati e, soprattutto, sostenuti.
Tra le sette parole vi è anche autonomia e sussidiarietà. Lei è il "papà" della legge 62/2000, nota come la legge della parità scolastica. Ma anche dell’autonomia. Due riforme rimaste incompiute?Va detto che senza la legge sull’autonomia nulla di quanto abbiamo detto fino ad ora sarebbe stato possibile. Quella legge ha libera risorse e professionalità. Ma va riconosciuto anche che la burocrazia l’ha contrastata e continua in parte a farlo. L’altra condizione è rappresentata dalla legge 62/2000, che considero una delle leggi più costituzionali mai approvate, visto che ha dato attuazione agli articoli 5, 30, 33 e 34 della Carta costituzionale. Aver inserito le scuole non statali nell’unico sistema scolastico nazionale non solo ha risposto al dettato costituzionale del trattamento di equipollenza degli studenti e della libertà di istituire scuole, ma ha posto una sfida di qualità e di confronto alle paritarie e all’intero sistema scolastico. Certo esistono ancora fazioni contrapposte, ma per contare la scuola ha bisogno di essere unita.
In questi decenni abbiamo visto l’alternarsi di governi che cancellavano o modificavano le riforme dei predecessori. Risultato: confusione, amarezza e immobilità. Ora il governo Renzi parla della scuola come priorità. Siamo a una svolta?Quest’anno compio 82 anni e non ho mai sentito un premier ripetere in così pochi giorni tante volte la parola «scuola» e aver anche investito fondi per essa. Siamo alla svolta? Ovviamente occorre attendere i fatti, ma il clima appare diverso. Penso che tutto il mondo scolastico deve impegnarsi affinché sia davvero così. Quasi andasse a riscuotere una cambiale. Ma l’atteggiamento della scuola deve essere positivo, non rivendicativo.
Nel suo impegno sul fronte dell’educazione si è spesso confrontato con i cattolici. È possibile trovare posizioni convergenti in nome del bene della scuola italiana? E come?Mi confronto continuamente con il mondo cattolico. Oggi si discute soprattutto cosa fare per innovare il sistema e il metodo. La scuola che si esaurisce nel semplice rapporto cattedra-banco, cioé chi trasmette i saperi e chi li ascolta, non regge più. La scuola non è più così, perché c’è un maggior coinvolgimento del discente, di cui va riconosciuta la specificità di tutti e di ciascuno. E così anche per raggiungere l’obiettivo di una scuola di qualità, dobbiamo avere l’impegno di tutti, scuola statale e scuola paritaria.