Intervista. Di Maio: «Dichiaro guerra al precariato»
«Il decreto dignità sarà al più presto, tra lunedì e martedì, in Consiglio dei ministri per l’approvazione. Stiamo lavorando sulla stesura definitiva dei contenuti, ma non ci saranno stravolgimenti rispetto ai temi preannunciati negli ultimi giorni». Luigi Di Maio garantisce che il varo del “decreto dignità” è in arrivo. Il vicepremier nonché ministro del Lavoro e dello Sviluppo economico parte dall’analisi dei punti salienti del primo provvedimento concreto dell’esecutivo gialloverde per poi intervenire su altri temi cruciali e di strettissima attualità: dal contrasto alla povertà alla questione migratoria (alla vigilia del Consiglio Europeo).
Ministro, partiamo dalla lotta all’azzardo su cui interviene il decreto. Divieto di pubblicità e sanzioni minime da 50mila euro per chi non lo rispetta esauriscono il contrasto al dilagare della ludopatia o questo è un primo passo?
È un primo, importante passo. E realizziamo un punto del “contratto del governo del cambiamento”. Avevamo detto che saremmo intervenuti per realizzare una strategia d’uscita dal machines gambling (slot machines e videolottery) anche con forti limitazioni alle forme di azzardo con puntate ripetute. Serve una tessera del giocatore per controllare i flussi e metterne un tetto massimo in modo da combattere così diffusione, evasione e infiltrazioni mafiose. Stiamo facendo ciò che abbiamo detto. È necessaria una migliore e più stringente regolamentazione del fenomeno, prevedendo il rilascio dell’autorizzazione all’installazione delle slot-Vlt solo in luoghi ben definiti – no in bar e distributori –, con limitazione degli orari di gioco e l’aumento della distanza minima dai luoghi sensibili: scuole, centri di aggregazione giovanile e luoghi di culto. Su questo molti Comuni e Regioni trasversalmente stanno già conducendo una battaglia di civiltà a difesa della salute e la loro autonomia va tutelata. Oggi anche il Comune di Roma, come già quello di Torino e Napoli, ha stretto le maglie su orari e installazioni.
Lei ha annunciato che nel decreto ci sarà una stretta sui contratti a termine: dai costi in aumento alle proroghe che scendono da 5 a 4, passando per il ripristino delle causali. Perché la lotta al precariato dovrebbe comportare più assunzioni stabili e non invece un aumento della disoccupazione?
Come ministro del Lavoro ho dichiarato guerra al precariato. Voglio quindi debellare una volta per tutte il fenomeno del tempo determinato all’infinito. Con l’attuale normativa le aziende, grazie ai contratti di secondo livello, possono prorogare i contratti anche fino a 72 mesi. Per un lavoratore essere sottoposto per sei anni al supplizio del rinnovo è eccessivo. Molti giovani non riescono ad accedere a un mutuo e a crearsi una famiglia perché precari all’infinito. Vogliamo che si utilizzi il tempo determinato per brevi periodi e per esigenze aziendali. Dopo il primo rinnovo, il costo del tempo determinato aumenta perché se un’azienda vuole investire su un lavoratore che ha già sperimentato lo può assumere a tempo indeterminato ottenendo anche un risparmio sui costi.
Intanto arrivano le prime critiche: Confindustria contesta la scelta di rendere i contratti a termine più cari e c’è anche la preoccupazione delle agenzie per il lavoro su come si interviene sulla somministrazione.
Auspico che Confindustria, una volta visionato il decreto, possa convenire con l’esecutivo sull’importanza di sostenere il tempo indeterminato. Noi sappiamo che non tutti possono essere inseriti in pianta stabile in azienda, ma è chiaro che non possiamo avere un mercato del lavoro che sia spostato tutto sul tempo determinato. Questa è una misura che vuole calmierare l’utilizzo spasmodico dei contratti a termine, non eliminarli. Nel decreto non si è intervenuto sul contratto di somministrazione, ma avrà gli stessi limiti per i rinnovi del tempo determinato.
Il capitolo rider è stato stralciato. Come si procederà in caso di fallimento del tavolo che è stato aperto?
Ancora non è stato aperto il tavolo e già ne ipotizziamo il fallimento? Sono stato il primo a dire che, se il tavolo non porterà risultati, sarà l’esecutivo a normare la materia. Negli incontri che abbiamo fatto, però, ho rilevato aperture sia delle aziende sia dei lavoratori ad intraprendere un percorso condiviso che regoli la materia. I rider sono i primi che ho incontrato da ministro. Sono oltre 50mila in tutta Italia e sono il simbolo di una generazione abbandonata. Mi impegnerò al massimo affinché vengano riconosciuti loro i diritti dei lavoratori. Comunque aspettiamo il tavolo e vediamo se le disponibilità recepite si concretizzeranno. Io sono molto ottimista.
Il piano Industria 4.0 ha dato buoni risultati. Si può confermare o va cambiato a prescindere perché messo in campo dal precedente governo?
Noi vogliamo rafforzare le attività di ricerca e sviluppo e rendere più forte il coinvolgimento del Mezzogiorno. Stiamo valutando i risultati del piano Industria 4.0, ma è prematuro parlare di conferme o cambiamenti.
Dall’ultimo rapporto Istat, in Italia oltre 5 milioni di persone vivono in condizioni di povertà assoluta. La sua risposta all’emergenza è nota: il reddito di cittadinanza. La domande sono: con quali modalità? Puntando solo sui centri per l’impiego o coinvolgendo i servizi sociali di accompagnamento? Sarà un sussidio allargato ai residenti stranieri o riservato ai cittadini italiani?
Il reddito di cittadinanza è una misura attiva destinata ai cittadini italiani. Dobbiamo dare risposte a persone che quotidianamente soffrono e fanno i salti mortali per sopravvivere. Punteremo a far funzionare i centri per l’impiego anche effettuando un po’ di benchmarking (analisi e valutazione, ndr) su altre esperienze europee. A partire da quella tedesca che ha rivoluzionato i servizi per l’impiego ed è all’avanguardia in Europa. Come ha detto il procuratore generale della Corte dei conti, è un diritto che va riconosciuto. Lo faremo subito.
Ci sono coperture certe per finanziare il reddito di cittadinanza?
Le coperture ci sono e saranno inserite nella prossima legge di Bilancio.
Lei si è detto disponibile a rivedere le liberalizzazioni sulle aperture domenicali e festive dei locali commerciali. Come e quando pensa di intervenire?
Sì, è un tema che stiamo affrontando e che porteremo avanti presto. Ribadisco quanto già detto: non si vuole impedire di aprire la domenica, ma si vuole almeno evitare che si resti aperti 365 giorni l’anno. Se 8 giorni all’anno, nelle festività, gli esercizi commerciali restano chiusi, credo che sia una scelta di buon senso e che consenta anche alle famiglie di riunirsi e vivere insieme. Nella scorsa legislatura, la Camera, all’unanimità, votò una legge a prima firma M5s su questo, poi tutto venne bloccato al Senato. Ora è tempo di agire. Su questo tema la Chiesa sta portando avanti una importantissima battaglia sociale per i diritti di lavoratori e famiglie.
Le dà fastidio che ci sia la percezione diffusa di un governo a guida Salvini?
È un complesso che non ho e quindi non mi procura fastidio. Vedo il lavoro di questo governo, il mio lavoro, e ascolto le richieste dei cittadini che vogliono tornare a vivere nel Paese più bello del mondo
È evidente però un attivismo piuttosto acre del segretario della Lega, specie sui temi dell’immigrazione…
Abbiamo messo un punto su un fenomeno di portata europea. L’Italia sta subendo da troppo tempo il peso di un fenomeno migratorio che coinvolge l’Europa ma che ricade solo in capo a noi. Abbiamo aperto il dibattito e si inizia a discutere a livello europeo della questione. La si doveva affrontare.
Si può affrontare una questione tanto complessa solo con la logica dei “porti chiusi” e non ponendosi il problema di lasciare centinaia di migranti in ostaggio, bloccati in mare per giorni?
Non abbiamo abbandonato nessuno, tutte le situazioni verificatesi erano monitorate dalla Marina militare, ma era un intervento necessario per far ripartire il dibattito in Europa. La solidarietà non manca certo da parte dell’Italia, ma da tutto il resto dei Paesi Ue.
Non è riduttivo un approccio all’immigrazione basato sul «dove li mettiamo» senza chiedersi «come li salviamo», trascurando cioè gli aspetti umanitari come quelli legati all’accoglienza?
Il nostro approccio non è riduttivo. Noi vogliamo che la questione immigrazione sia affrontata a livello europeo con la modifica del Regolamento di Dublino. L’approccio riduttivo e ipocrita è quello dei leader europei i quali pensano che dovremmo fare tutto da soli. Riguardo agli aspetti umanitari e di accoglienza nessuno ha nulla da insegnarci. Ora però anche gli altri Paesi Ue devono dare dei segnali. I confini dell’Italia sono quelli dell’Europa. Non possiamo essere lasciati soli.
Siamo alla vigilia di un Consiglio Europeo cruciale. Quale accordo si può trovare alla luce della posizione italiana, del muro alzato dal gruppo di Visegrad sulla revisione del Regolamento di Dublino e delle perplessità di Francia e Germania?
Il premier Conte chiederà che l’impegno sull’immigrazione sia veramente condiviso. Ho fiducia nei risultati e nella moral suasion del nostro esecutivo. I risultati già si vedono. Finalmente l’Italia è di nuovo rispettata in Europa e nel mondo e di questo sono molto orgoglioso.
Da Bruxelles l’Italia finora ha ottenuto il massimo della flessibilità possibile. Chiederne ancora o di più significa sforare il 3% di deficit, con un conseguente aumento del debito pubblico?
Noi vogliamo far ripartire lo sviluppo del Paese e, nei limiti fissati dall’Ue, chiedere di poter avviare azioni tali da far crescere l’economia. Per esempio ridiscutendo alcuni trattati come il Mes Cina e il Ceta che sono sfavorevoli alle nostre aziende. La legislazione europea in fatto di imprese è ritagliata a misura per le aziende di Francia e Germania, noi pretenderemo che si prendano in considerazione le peculiarità delle nostre Pmi.
Circola con insistenza crescente l’eventualità di elezioni politiche in primavera. È sempre convinto che il governo M5s-Lega arriverà fino a fine legislatura?
Noi abbiamo un contratto. Il governo è partito da 20 giorni, lasciateci lavorare, queste sono fantasiose ricostruzioni giornalistiche. Oggi (ieri ndr) in ufficio di presidenza della Camera è stata presentata la delibera sui vitalizi e presto li aboliremo risparmiando 200 milioni a legislatura solo alla Camera. L’era dei privilegi è finita.