Attualità

L'ECONOMISTA. «Cifre falsate dal debito pubblico Siamo in linea con la media Ue»

Enrico Lenzi lunedì 8 aprile 2013
Dati «corretti», ma «fuorvianti». Giuseppe Catalano, ordinario di Economia pubblica alla Sapienza di Roma, offre una lettura differente delle cifre dell’Eurostat.Perché le definisce fuorvianti?Perché al loro interno includono anche la spesa degli interessi sul debito pubblico da record, che rappresentano il 7-8% del nostro Pil nazionale. È per questo che la spesa di tutti i ministeri italiani risultano sotto la media europea. Da parte sua l’Eurostat fornisce dati corretti in termini percentuali, ma non al lordo degli interessi.E se ricalcolassimo la spesa senza il costo degli interessi?Scopriremmo che, tolto quel capitolo, in diversi campi siamo in linea con la media europea. Anzi nella spesa per la protezione sociale, che comprende il capitolo delle pensioni, rispetto ad altri Paesi siamo al di sopra della media, con un costo cospicuo per le casse dello Stato. Sopra la media anche il capitolo riguardante la sanità, dove in questi anni la percentuale di fondi assegnati è costantemente cresciuta.E per l’istruzione?Anche in questo caso siamo in linea con la media europea soprattutto se parliamo del percorso fino alle superiori, anche se guardando all’andamento negli ultimi vent’anni, si può osservare che la spesa complessiva è andata comunque riducendosi a vantaggio di altri capitoli di spesa.Quali?Per esempio la sanità. Del resto abbiamo una popolazione che invecchia e una potenzialità di cura cresciuta e tutto questo richiede fondi. Se teniamo conto anche del capitolo pensioni di cui ho accennato prima, possiamo dire che in Italia la spesa pubblica tende a «premiare» le generazioni passate.Insomma uno sguardo che fatica a rivolgersi al futuro.La spesa per l’istruzione è strategica. E mi rammarico che vi siano pochi margini per aumentarla. Ma sono sicuro che si possa spendere meglio quanto già si investe, che comunque non è poco.Lei ha partecipato al lavoro della commissione guidata dal ministro Piero Giarda sulla spending review. Da quell’osservatorio che idea si è fatto sull’attuale spesa per l’istruzione?Ribadisco che vi sono margini per poter utilizzare al meglio quanto già viene speso.Può farci qualche esempio concreto e praticabile?Ne indico tre. Il primo riguarda il ministero dell’Istruzione, che potrebbe essere ridimensionato nella sua attuale struttura, decisamente eccessiva. In secondo luogo si potrebbe procedere a una distribuzione più razionale dell’offerta scolastica nel nostro Paese, che oggi ha 40mila punti di erogazione del servizio per 10mila scuole.Intende una razionalizzazione?Fatte salve alcune realtà da tutelare (scuole negli ospedali, carceri e per gravi disabilità), occorre ripensare la distribuzione evitando classi troppo affollate, come eccessivamente vuote.E il terzo esempio?È cero il più delicato perché riguarda i docenti di sostegno. Oggi sono 100mila su 700mila insegnanti. Un numero eccessivo, anche per mantenere l’importante principio di integrazione degli alunni con handicap.C’è un capitolo di spesa nel quale restiamo comunque carenti?È quello del diritto allo studio e del sostegno dei meritevoli in condizioni economiche disagiate. Qui siamo molto carenti, a danno non solo dell’equità sociale, ma anche dell’efficienza, che perde il possibile contributo di questi ragazzi.