Contrordine, ma mica tanto: dal disegno di legge sulle intercettazioni sparisce l’emendamento del relatore Roberto Centaro (Pdl) che raddoppiava le sanzioni per i giornalisti "colpevoli" di pubblicare qualsiasi atto d’indagine, anche non più coperto dal segreto e anche solo «per riassunto», fino all’inizio dell’udienza preliminare. Ma l’arresto e l’ammenda, già presenti nel testo originario, rimangono, seppure in misura minore: fino a 30 giorni e fino a 5mila euro, che diventano 10mila se la pubblicazione riguarda intercettazioni o tabulati telefonici. La modifica avrebbe portato l’arresto fino a 2 mesi e la multa fino a 10mila euro, il doppio nel caso intercettazioni o tabulati.La commissione Giustizia del Senato, che nella seduta notturna di lunedì dovrebbe completare l’esame, ha invece già dato il via libera al giro di vite contro gli editori che ospitano sulle loro testate servizi contenenti atti giudiziari (quindi non solo trascrizioni d’intercettazioni telefoniche), loro stralci o semplici riassunti: rischieranno un’ammenda da 64.500 a 464.700 euro. Chiunque, poi, prenderà «diretta cognizione» di atti del procedimento penale coperti da segreto istruttorio sarà punibile con il carcere da 1 a 3 anni.Secondo Centaro, comunque, il risultato del ritiro del suo emendamento sui giornalisti è che «galera non se ne farà mai nessuno». La mezza frenata del centrodestra (nel quale aumentano le perplessità dei finiani, a cominciare da Italo Bocchino e Fabio Granata) ha incassato commenti cautamente positivi da parte delle opposizioni, che tuttavia continuano a bocciare l’impianto complessivo del ddl. Oggi l’Italia dei valori scenderà in piazza con il cosiddetto "popolo viola" per un sit-in di protesta davanti a Montecitorio. Ma, paradossalmente, il giudizio più favorevole è quello di Antonio Di Pietro, che ha letto l’accantonamento della norma Centaro come «un segno della sconfitta del regime che voleva tappare la bocca all’informazione».Felice Casson (Pd) ha invece parlato di «un primo passo importante, che però non risolve il problema». Un «buon passo indietro», per Gianpiero D’Alìa dell’Udc, ma «più rivolto a evitare spaccature all’interno della maggioranza».Resta intatto l’allarme del mondo dell’informazione. Sky, editore di
Sky Tg24, ha preannunciato che «chiederà un intervento a tutte le Autorità internazionali competenti, anche ricorrendo presso la Corte europea dei diritti dell’uomo». Mentre il segretario della Federazione nazionale della stampa Franco Siddi ha di nuovo invocato una «mobilitazione permanente e diffusa sul territorio che dovrà sfociare in uno sciopero nazionale».