Roma. Infanzia, stop a violenze e diseguaglianze. Ecco i 7 cantieri aperti dal Garante
Ansa
Attuare sette punti - e vincere sette sfide - per garantire pieni diritti ai 9 milioni e 800mila minorenni che vivono in Italia. È l'appello dell'Autorità Garante per l'Infanzia e l'Adolescenza, Filomena Albano, rivolto alle istituzioni nella sua Relazione annuale al Parlamento, alla presenza del presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Relazione che è stata introdotta dai saluti del presidente della Camera Roberto Fico: «Oggi oltre 7 minori stranieri su 10 sono nati in Italia», diversamente dal passato. A loro bisogna «assicurare pari condizioni e pieno godimento dei diritti», ha detto Fico nel suo intervento di presentazione.
Ma gli stranieri fra i piccoli sono soltanto uno dei punti toccati dalla complessa e puntuale disanima della situazione dell'infanzia nel nostro Paese dalla Garante Albano (che ha richiamato l'attenzione con forza sul caso della Sea Watch e chiesto che venga garantito immediatamente un approdo sicuro ai minori). Il monito principale, quasi un urlo, è prima di tutto quello lanciato agli «adulti», intesi come genitori, comunità ed istituzioni, che si debbono prendere le proprie «responsabilità», non possono rinunciare «al ruolo di guida» perché «i più piccoli non vanno lasciati soli».
Si parte dalla violenza. Alle istituzioni Albano chiede di intervenire prima che le tragedie si consumino perché è ora di dire «basta alle violenze in famiglia». «La violenza nei confronti bambini - ha sottolineato - è la prova che il sistema di protezione non ha funzionato. Sono troppi i casi di bambini maltrattati e uccisi da chi li avrebbe dovuti proteggere». Filomena Albano ha sollecitato «misure urgenti» per gli orfani di crimini domestici, come ad esempio riconoscere a nonni, zii o agli altri affidatari un contributo economico, a prescindere dal territorio nel quale essi risiedono, ed un «adeguato» sostegno psicologico per i piccoli.
Ma la Garante chiede anche più asili nido, più mense scolastiche, più parchi inclusivi e una banca dati per la disabilità. Ed in particolare ha esortato le istituzioni a «garantire, quanto meno, standard minimi uguali per tutti» visto che attualmente variano «da regione a regione».
I cantieri aperti: in famiglia, nelle carceri, per le strade
I sette punti su cui ha richiamato l'attenzione la Garante li ha definiti i «sette cantieri aperti». Si parte dai rapporti familiari: in primis la genitorialità con l'esigenza di conciliare i tempi di vita e quelli di lavoro; affrontare le separazioni tenendo conto del punto di vista dei figli; mai più bambini in carcere ma colloqui con i genitori detenuti; conoscere quanti sono e chi sono i minorenni fuori famiglia. C'è poi il cantiere violenza sull'infanzia «una responsabilità di tutti», quella dell'inclusione da garantire anche ai minorenni «di nuova generazione». Il quarto cartiere riguarda i minorenni e giustizia: dalle baby gang da contrastare con risposte nelle reti educative e con la lotta all'abbandono scolastico e l'introduzione della giustizia riparativa. E ancora i cantieri «dipendenze e salute», «educazione» dove si esorta ad investire nella «consapevolezza digitale di adulti e ragazzi», e «scuola».
Il settimo cantiere per Albano, è rafforzare proprio l'Autorità Garante: lo scorso febbraio il Comitato Onu sui diritti dell'infanzia e dell'adolescenza ha raccomandato all'Italia di provvedere ad attribuire a questo organismo «completa indipendenza e autonomia» e «di aumentarne le risorse umane, tecniche e finanziarie». Infine «sarebbe opportuno in particolare - ha concluso Filomena Albano - rendere obbligatoria la richiesta del parere dell'Autorità garante sugli atti normativi in corso di adozione».
Cyberbullismo, adottare subito il piano di contrasto
L'attenzione della Garante si focalizza in particolare sul fenomeno del cyberbullismo. Che, secondo quanto riferito dal presidente Istat nel corso di una recente audizione parlamentare, ha colpito il 22,2% di tutte le vittime di bullismo. Nel 5,9% dei casi si è trattato di azioni ripetute. La quota più elevata di vittime è stata registrata tra le ragazze di età compresa tra gli 11 e i 17 anni: il 7,1% di quelle che usano internet o uno smartphone sono state oggetti di vessazioni continue con questi mezzi, contro il 4,6% dei ragazzi. Il rischio è risultato più alto, all'Istat, nella fascia 11-13 anni: il 7% di questi ultimi è risultato vittima di prepotenze più volte al mese (tra gli adolescenti la percentuale scende al 5,2%). Nei primi dieci mesi del 2018 la Polizia postale aveva registrato oltre 290 i casi di cyberbullismo e 164 casi di minorenni che hanno vessato, diffamato e molestato coetanei attraverso i nuovi media.
L'Autorità garante ha sollecitato la convocazione del tavolo tecnico previsto dalla legge presso la presidenza del Consiglio dei ministri. «È fondamentale che si adotti quanto prima il piano di azione integrato di prevenzione e contrasto al cyberbullismo e si realizzi un sistema di raccolta dei dati per monitorare l'evoluzione dei fenomeni. Serve un concreto investimento culturale. Navigare in rete è infatti un pò come navigare in mare: occorre una patente per imparare a riconoscere i pericoli, a sapersi comportare e a capire dove trovare un porto sicuro. Nessuno pensa che sia necessario, eppure, anche per muoversi sul web, occorrerebbe una patente».
L'alternativa al carcere
In tema di rapporto tra minorenni e giustizia (55, tra l'altro, i minori che vivono ancora in istituti detentivi in Italia per colpe che non sono loro) l'Autorità garante promuove, in coerenza con i compiti assegnati dalla legge istitutiva, la mediazione penale, una forma di giustizia riparativa. Si tratta di strumento utile sia per i ragazzi alle prese con un procedimento penale per ridefinire il senso delle regole e del rispetto sia per le vittime, le quali trovano uno spazio per rielaborare il vissuto di quanto accaduto. Per l'Autorità garante servirebbe una legge che introduca la possibilità di ricorrere alla mediazione penale nei procedimenti minorili fin dalle indagini preliminari.
«Va assicurata, comunque, una presenza uniforme sul territorio nazionale dei servizi che garantiscono tale forma di giustizia riparativa, dei quali l'Autorità ha svolto un primo censimento». Secondo l'Autorità garante l'invito ad accedere alla mediazione penale andrebbe rivolto anche ai ragazzi minori di 14 anni che commettono un reato: «Il fatto che non si intervenga penalmente sotto questa età non significa non intervenire. Anzi, bisogna essere tempestivi, approntare un intervento educativo proporzionato alla lacuna da colmare e la giustizia riparativa può essere uno strumento prezioso in questo senso».