Incendi. Il silenzio della montagna incenerita. Calabria, dopo le fiamme c’è il deserto
Istantanea dalla Locride, dove gli incendi hanno cambiato anche il paesaggio naturale che si presenta al visitatore
Il territorio sembra colpito da una bomba nucleare. Tutto bruciato per ettari e ettari. Centinaia di ettari. Il terreno è ricoperto di uno strato di cenere delle più diverse sfumature di grigio. Possenti querce stroncate dal fuoco e ridotte a un ammasso contorto di legna bruciata. Altissimi pini anneriti sembrano giganti che alzano le braccia al cielo, come in segno di resa. Siamo sulla montagna di Grotteria, paese della Locride, ai confini col Parco nazionale dell’Aspromonte, devastato dagli incendi. Proprio qui le fiamme hanno ucciso Mario Zavaglia, 77 anni, mentre tentava di mettere in salvo gli animali e il piccolo appezzamento di terreno.
Ecco la sua casetta bruciata. Non l’unica. Tante abitazioni sono state distrutte assieme a macchia, bosco e pascoli. Ora la parte montana del Comune calabrese, che arriva fino a 1.200 metri di quota, sembra un deserto polveroso. In qualche punto si alzano ancora nuvole di fumo, il classico fuoco che cova sotto la cenere. Ma ormai qui non c’è più niente da bruciare, perché è bruciato tutto. Il fuoco ha colpito anche il centro abitato, arroccato su uno sperone di roccia. Si è infilato nel profondo vallone che corre a fianco delle abitazioni, è arrivato fino alla chiesa parrocchiale e al piccolo municipio. Ma è stato fermato in tempo, davvero pochi metri prima di raggiungere le case. Una scena che davvero fa paura.
Foto Antonio Maria Mira
«Ma è niente rispetto a quello che è successo in montagna, vada a vedere» è l’invito che ci fanno. Ed è proprio così. Basta fare pochi tornanti e lo scenario è davvero spaventoso, scenario di guerra. Colline, versanti, boschi, pascoli, tutto di uno stesso colore. Non più i colori cangianti della natura ma l’unico colore della morte.
Anche il terreno, il preziosissimo humus, è bruciato per le altissime temperature. E ora niente lo potrà trattenere alle prime piogge, come teme il sindaco nell’intervista, soprattutto se arriveranno quelle intense e concentrate effetto dei mutamenti climatici. Già i primi smottamenti hanno occupato parte della strada. E sotto la montagna c’è il paese.
Un territorio già delicato e a rischio frana per la sua conformazione geologica. «Sfasciume pendulo sul mare», aveva definito nel 1904 la Calabria il grande meridionalista Giustino Fortunato. Ma la Calabria è anche tra le Regioni col più alto indice di boscosità, agli stessi livelli del Trentino, e ben tre Parchi nazionali (Pollino, Sila e Aspromonte). Ma se questi boschi vengono distrutti resta solo lo «sfasciume pendulo». E quanto accaduto a Grotteria ne è l’esempio negativo e positivo.
Dopo aver attraversato la montagna incenerita arriviamo sul crinale a più di mille metri di quota, scavalliamo e lo scenario di colpo cambia. Il fuoco qui non è passato, si è fermato. E ha risparmiato splendidi boschi, dopo aver incenerito quelli sul versante che scende verso il paese. Forse perché i boschi del versante opposto sono in gran parte di faggi, un habitat molto più umido, con meno sottobosco e dove, quindi, il fuoco corre meno. Non sono certo "boschi ignifughi" e quindi il rischio di perdere anche questi c’è stato, così come successo in altre zone della Calabria.
Foto Antonio Maria Mira
Qui, per fortuna, la natura è ancora intatta ma va tutelata, fatta vivere, altrimenti altri criminali potrebbero attaccare anche questa zona. Proprio come un’altra area che siamo andati a osservare. Partendo da Cittanova, più a sud, una delle "porte" del Parco nazionale dell’Aspromonte. Prendiamo la strada che sale verso lo Zomaro, importante luogo per natura e storia. Qui, infatti, tra fittissimi boschi, il console Marco Licinio Crasso nel 72 a.C. venne inviato alla testa di otto legioni per trovare, sconfiggere e annientare Spartaco, lo schiavo-gladiatore, che alla guida di un esercito di ribelli stava mettendo in difficoltà la Repubblica. Per tre anni Spartaco e i suoi riuscirono a fronteggiare l’imponente esercito e alla fine si sganciarono verso l’Apulia.
Ma gli incendiari non hanno rispetto neanche della storia, oltre che della natura. Così la strada che sale verso lo Zomaro è stata quasi completamente incendiata. Sia sul versante a monte che in quello a valle. Il fuoco è stato appiccato soprattutto negli stretti valloni, per sfruttare l’effetto "camino" che gli incendiari conoscono bene. Ed è bruciato tutto, dalle querce secolari agli alti pini.
Perfino le reti metalliche di contenimento degli smottamenti sono contorte, "cotte" dal fortissimo calore. La strada negli anni passati è stata spesso interrotta per frane, contenute con imponenti lavori. Ma il lavoro migliore lo fanno gli alberi, lo facevano, prima di essere incendiati. E ora anche qui le prime piogge aggraveranno il disastro. Che, come a Grotteria, si ferma giunti in quota, ai "Piani di Marco", dal nome del console, che qui aveva costruito un lunghissimo "vallo" per tentare di bloccare Spartaco e i suoi uomini. Non ci riuscì. Gli uomini di oggi sembrano non riuscire a bloccare un avversario più temibile, subdolo e criminale come gli incendiari. Lo abbiamo constatato a Grotteria e allo Zomaro, così come in altre zone devastate dal fuoco che racconteremo nei prossimi giorni. Così come racconteremo di chi prova comunque a lottare, pur con armi inadeguate.