Civitanova. Ambulante ucciso, Pennacchio: in silenzio per dire no al male e all'odio
L’arcivescovo di Fermo, Rocco Pennacchio
Sarà il silenzio oggi a far parlare le coscienze. L’arcivescovo di Fermo, Rocco Pennacchio, è preoccupato da quella che chiama «l’aggressività latente» che pervade le nostre comunità. «Non solo a Civitanova» dice. La morte violenta di Alika, l’orrore del pestaggio insistito, l’indifferenza di chi ha osservato e filmato tutto senza muovere un dito sono «ferite del cuore. A al posto dell’omelia, durante la Messa domenicale, lasceremo alcuni minuti di riflessione senza parole. Nessuna forma di violenza può avere cittadinanza. Pregheremo per la vittima e anche per l’aggressore» sottolinea Pennacchio.
Come ha reagito, appena ha saputo della notizia?
Ho pensato istintivamente: non è possibile. Non è possibile che questo accada, non è possibile assuefarsi a tutto questo. Poi mi sono detto che occorreva guardare dentro a questa violenza indicibile, scendendo in profondità e andando a scandagliare l’animo umano. Sarà la Parola di Dio a indicarci la strada, durante le celebrazioni di oggi e poi, giorno per giorno.
C’è un brano di Vangelo da cui farsi ispirare?
Qualche giorno fa abbiamo ascoltato la parabola del grano e della zizzania. È un testo che ci insegna a sopportare il male, esercitando la capacità di discernimento, ma anche a vedere il male dentro di noi.
I fatti di Civitanova Marche hanno riportato alla luce fantasmi del passato ben noti nella vostra terra, dall’aggressione razzista mortale di Fermo nel 2016 al piano xenofobo di Luca Traini a Macerata, due anni dopo.
Farò di tutto per difendere il mio territorio dalle accuse di razzismo. Non vedo per fortuna sentimenti crescenti di discriminazione, in una comunità cristiana che resta impegnata nella tolleranza e nell’accoglienza dello straniero. Semmai, ciò che preoccupa è la paura del diverso. È come se una cittadina e un territorio, di fronte a quel che è accaduto, finissero per dare per scontato che le questioni si affrontano così. Civitanova è una città di 50mila abitanti, un porto di mare dove c’è stata una forte espansione urbanistica e sociale di persone di diversa provenienza. Nel nostro grande centro Caritas, che dà ospitalità e fa da dormitorio a tanti irregolari, sono arrivati tanti racconti di persone che si sentono espulse dalla società. Non sappiamo più accettarci per quello che siamo: poveri ricchi, italiani, stranieri.
È la cultura dello scarto, di cui parla papa Francesco?
Esattamente. Mi ha colpito il fatto che questo ragazzo, Alika, stesse lì fermo, da venditore ambulante, mentre chi lo colpiva non riusciva neppure a concepire il fatto che avesse le stampelle per i suoi problemi fisici. È la pretesa di dover dominare sull’altro, di dover prevalere ad ogni costo che porta poi a farsi giustizia da sè. C’è una difficoltà che abbiamo sempre di più nel concepire che ci sia qualcuno di differente da noi, nell’accettare chi non è come noi, nel tollerare un’opinione diversa dalla nostra. Invece, come comunità e come cristiani, dobbiamo poter dire che ciò che accade ci interessa e ci riguarda. Come questa morte, drammaticamente, ci insegna.
Cosa pensa della folla, distante e indifferente?
Non giudico, ma conosco bene purtroppo l’impulso irrefrenabile di riprendere ciò che accade, senza alcun filtro etico. E poi, ripeto, mi preoccupa la violenza a tutti i livelli, soprattutto quella giovanile, l’abitudine che hanno tanti nostri adolescenti di darsi appuntamento nelle piazze per risse, per scontri fisici e verbali. Usano i social anche per questo e complessivamente si fa una gran fatica ad alzare con loro il livello del discorso. Invece dovremmo chiederci: quel che accade intorno a me cosa può insegnarmi?
Intanto lo choc per questa vicenda è diventato subito terreno di scontro per la campagna elettorale.
Ecco, se vogliamo aiutare le nuove generazioni a fare un passo avanti, evitando parole inutili, la logica della polemica e della polarizzazione sociale è la prima cosa su cui intervenire. Come Chiesa prendiamo l’impegno di non seguire questa deriva, di non cedere allo scontro ideologico. Quanto alla politica, penso sia giusto chiedere a tutti i partiti di non cavalcare le tensioni sociali per un pugno di voti.