Asili nido. In Italia servono più servizi per bambini e famiglie. Il rapporto
Asili nido in Italia
Più posti per i bambini sotto i 3 anni, più strutture sul territorio e più uguaglianza tra Nord e Sud. È un elenco di cose da fare molto impegnativo, quello che attende il governo sulla questione asili nido. Un tema cruciale, ancor più adesso che la pandemia ha fatto emergere differenze storiche lungo la penisola.
Il problema non riguarda solo l’offerta di servizi da parte delle comunità, ma sempre più coinvolgerà il lato della domanda, con intere famiglie chiamate a scelte cruciali per il futuro dei figli. «Siamo in mezzo alla tempesta, ma dobbiamo guardare all’orizzonte che ci sta davanti mettendo soprattutto le donne nelle condizioni di conciliare lavoro e cura» spiega Marco Rossi Doria, presidente della Fondazione Con i Bambini, che ieri ha presentato con Openpolis il rapporto nazionale sugli asili nido.
La fotografia del territorio
Mancano 100mila posti negli asili nido italiani per raggiungere l’obiettivo europeo del 33%. Qualcosa, nell’ultimo periodo, è cambiato in Italia: in sei anni l’offerta è cresciuta, da 22,5 posti a disposizione ogni 100 bambini con meno di 3 anni si è passati a 25,5 ogni 100.
Il problema resta l’eterno divario Nord-Sud: i servizi non sono ancora diffusi a livello territoriale in modo omogeneo, ci sono 18,5 punti di divario, secondo le statistiche, tra Centro-Nord e Mezzogiorno nella copertura di nidi e servizi prima infanzia.
Tra le 10 città con più alta copertura, in testa c’è Bolzano, con 68,1 posti nido ogni 100 residenti 0-2 anni. Bene l’Emilia-Romagna, che supera il target del 33%, e anche la Toscana, con 6 province oltre la stessa soglia. A sorpresa, la copertura nei servizi della Sardegna è in linea con le regioni settentrionali, mentre vanno molto male 8 province in cui non si raggiunge nemmeno la quota di un posto nido ogni 10 bimbi residenti. Peggio di tutti fa Caltanissetta (6,2%). L’altra frattura è quella tra i maggiori centri urbani dove il servizio è più diffuso e i Comuni delle aree interne, dove la domanda è debole.
Alleanze dal basso
La cornice resta quella di un territorio che sia sempre più protagonista, in cui tutti i soggetti lavorano alla creazione di luoghi di prossimità. «Il Terzo settore come sempre sarà in campo nei territori difficili, per proporre patti solidali a scuole e Comuni, che vanno aiutati soprattutto al Sud». La coincidenza tra pochi nidi e poca occupazione femminile è sempre più evidente, mentre il fantasma della "povertà educativa" ha raggiunto punte impensabili fino a poco tempo fa.
«Ci auguriamo che l’investimento promesso di 4,6 miliardi per l’Italia non venga toccato – sottolinea Rossi Doria. Abbiamo imparato grazie ai 384 progetti sostenuti dal Fondo per il contrasto della povertà educativa minorile che è di decisiva importanza puntare sulle comunità educanti che garantiscono di raggiungere tutti i bambini e bambine e di rafforzare anche l’azione educativa dei genitori grazie a "alleanze educative" tra scuola, famiglie, privato sociale, civismo educativo, istituzioni locali».
Strutture gratis: ma come?
Perché il nodo delle risorse è così strategico? Perché in gioco ci sono non solo fondi europei, ma anche fondi regionali e i timori che si ripeta lo schema dei finanziamenti a pioggia, sostanzialmente inutili, ci sono tutti. Per arrivare a offrire nidi gratis, come già accade in alcuni centri dell’Emilia Romagna, va rafforzato l’asse con i Comuni e deve farsi strada la logica delle alleanze, opposta a quella delle decisioni dall’alto verso il basso.
Sono necessarie, cioè, scelte amministrative di respiro che sappiano mettere al centro le politiche per i minori e le donne innanzitutto a livello municipale. Per quanto riguarda i fondi riservati ai servizi per l’infanzia, e soprattutto ai nidi, «si tenga a riferimento l’obiettivo di portare i servizi educativi da 0 a 3 anni al 60% delle nascite, assicurando così che nel nostro Paese più di un bambino su due abbia garantito alla nascita un servizio educativo» ha sottolineato ieri l’Anci. È un cambiamento necessario, per evitare che quello sugli asili nido sia l’ennesimo capitolo di un libro delle favole che non serve a nessuno.