Attacco alla solidarietà. Liliana Segre: «Contro l'indifferenza rimane la Carta»
Migliaia di posti a rischio, decreti in alto mare. «Ora la politica trovi una soluzione», dicono le organizzazioni La migliore risposta alle parole d’odio che alimentano il disprezzo sociale, è il lavoro gratuito per i poveri. Nella foto la senatrice a vita Liliana Segre riflette sul rischio che corre il nostro Paese da questo attacco continuo alla solidarietà (Ansa)
«Mi sono sempre battuta contro l’indifferenza» dice Liliana Segre. Ed è proprio la parola «indifferenza», insieme alla parola «testimonianza », a fare da cornice al colloquio della senatrice a vita con Avvenire, nel dibattito aperto sulla guerra dichiarata al mondo della solidarietà e sui rischi di un risorgente sentimento di intolleranza nei confronti degli ultimi.
Dall’aporofobia, il disprezzo per il povero evocato dall’economista Stefano Zamagni fino all’indifferenza stigmatizzata da una delle ultime testimoni viventi della Shoah, scorre il film già visto di un’Italia che si è riscoperta diversa. «Mercoledì ho accompagnato il presidente Mattarella al Memoriale della Shoah di Milano. Ci tenevo molto, consapevole del fatto che la prima visita fatta dal capo dello Stato una volta nominato, era stata alle Fosse Ardeatine. Ci siamo soffermati a lungo davanti al Muro dell’indifferenza, che accoglie tutti i visitatori». L’insofferenza verso il prossimo e a volte il linguaggio d’odio nei confronti di chi dovrebbe prendersene cura, come raccontano tutti i giorni tante realtà del Terzo settore prese di mira nel silenzio generale, sono una delle cifre di questo tempo. «L’indifferenza è rispuntata un po’ ovunque, come una malapianta. Non c’è un aspetto della nostra quotidianità in cui non ne siamo sfiorati – osserva la senatrice a vita –. Lo vediamo persino per strada ed è un segnale che rattrista, sembra che tutto sia stato inutile». Tutto è quello che è successo negli anni bui delle leggi razziali, tutto è quello che dovremmo sapere e di cui dovremmo fare memoria, tutto è forse quello che si tende a cancellare.
«Come la Storia, che va rimessa al centro dei programmi scolastici, perché è l’antidoto alla barbarie. Le tragedie sono dovute proprio all’indifferenza dei più. Per uscirne, occorre una scelta libera, una scelta di coscienza come è stato nel mio caso». È da trent’anni che Liliana Segre ha un bisogno insopprimibile di raccontare tutto quello che ha vissuto. Di parlare, come ha fatto, con decine di migliaia di studenti in tutta Italia, per spiegare quel che sono stati quegli anni, e perché non bisogna più tornare indietro. «Ho una vicenda personale che fa sì che io mi batta contro l’indifferenza, ma le mie armi sono spuntate dal tempo, dalla fatica, dall’età».
Eppure lo spazio per rimettere le cose a posto c’è e non può essere occupato solo da un’altra politica. Intendiamoci: occorre rimettere almeno in agenda i provvedimenti attesi da milioni di persone in difficoltà, ridando così prospettive e centralità a lavoratori e volontari impegnati sulle frontiere dell’accoglienza, in famiglia e fuori, dell’assistenza, negli ospedali e nelle case di cura, dell’integrazione, con gli stranieri e nelle scuole. «Pensi alla nostra Costituzione e al gran lavoro fatto dai nostri padri costituenti. La nostra Carta è tra le migliori al mondo – sottolinea Segre – e non può essere aggirata o superata facilmente». Nello stesso tempo, è un documento incompreso, poco letto e ancor meno diffuso. Eppure, senza essere esplicitamente citato, si percepisce il valore del Terzo settore nel riconoscimento della «libertà di associazione» all’articolo 18 e, ancora prima, nella tutela delle «forze sociali» inserita all’articolo 2 della Costituzione, insieme «all’adempimento dei doveri di solidarietà politica, economica e sociale ». «Lei mi chiede, in tutto questo, se si è rotto qualcosa... Forse si era rotto già da un po’, forse la rottura è avvenuta pian piano, con le parole oscene di esaltazione del fascismo e del nazismo. Solo che almeno prima ci si vergognava, adesso non ci si vergogna più di nulla».