"La Chiesa paga già l'Imu su tutte le realtà commerciali" e dunque sono fuorvianti "gli articoli di stampa in cui ho visto scritto: 'È ora che la Chiesa paghi l'Imu". Lo ha detto il segretario generale della Cei
, monsignorNunzio Galantino, commentando la notizia relativa al ricorso presso la Corte di giustizia europea.
Si riapre il fronte europeoSi riapre il fronte europeo dell’Imu per il non profit. La Corte di Giustizia del Lussemburgo ha dichiarato «ricevibile » nel merito un ricorso contro la Commissione europea per il modo con cui nel 2012 ha chiuso il contenzioso sulle esenzioni Ici e Imu. Bruxelles, nel dare l’ok alle nuove regole del governo Monti, aveva riconosciuto l’impossibilità di quantificare e recuperare l’Ici non versata dal 2006 al 2011 in virtù di agevolazioni giudicate «incompatibili» con le norme sugli aiuti di Stato. L’esito del nuovo ulteriore ricorso – iniziativa dei radicali Maurizio Turco e Carlo Pontesilli – è aperto, i tempi non brevi, ma come l’ha presa il non profit? «Tecnicamente è un contenzioso tra la Commissione e lo Stato italiano sul merito di quella decisione – risponde
Marco Barbieri, portavoce del Forum del Terzo Settore – al limite può portare a una multa a carico di Bruxelles o dell’Italia. Non al recupero di quelle somme. In questo senso non mi sembra un’iniziativa molto intelligente».
Le regole attuali sulle esenzioni Imu possono essere rimesse in discussione? I ricorsi a Bruxelles hanno generato un problema gigantesco non ancora risolto. Le nuove modalità per definire le parti non commerciali di un immobile di un ente non profit, ad esempio, sono in- comprensibili e pericolose. Ci sono organizzazioni di volontariato che vivono grazie un immobile nel quale svolgono la loro attività e che ora sono destinate alla chiusura. Quello che non si vuole capire, in certi ambienti, è che a essere messe in ginocchio sono le parti più deboli del non profit, le più generative, non le più forti, che possono comunque pagare.
In un’intervista a Radio Radicale Turco ha parlato di un non profit che compete in condizioni di «privilegio» rispetto al privato for profit, e per questo di «competizione drogata». Inviterei i radicali a guardare prima ai privilegi di cui godono le loro attività, poi a farsi un giro dalla parte delle associazioni. Equiparare una mensa per i poveri a un’attività di ristorazione non è molto sensato, così come mettere sullo stesso piano delle imprese di mercato le attività che danno lavoro a persone disabili o con disagi mentali, sostegno ai down, posti di lavoro a ex carcerati. Soprattutto se consideriamo che nelle aziende profit queste persone non trovano affatto lavoro, peraltro in violazione delle leggi sul collocamento obbligatorio.
Come giudica il fatto che si parli sempre e solo di «Imu per la Chiesa»? L’argomento riguarda tutto il non profit italiano, non le sole attività della Chiesa nel sociale. Confondere i due piani può servire ai titoli dei giornali, ma l’attacco è al non profit, un mondo molto vasto e senza il quale l’Italia avrebbe seri problemi. Pensiamo alla chiusura dei manicomi, a Franco Basaglia che invitava i lavoratori di quelle strutture a costituire cooperative, alle forme di intervento innovative in questo ambito, all’hotel Tritone di Trieste, una delle esperienze più incredibili di come si affronta la chiusura degli ospedali psichiatrici, e che si sostiene grazie alle agevolazioni concesse al non profit. Questo non è un mercato concorrenziale.
Circola la cifra di 4 miliardi che potrebbero essere recuperati dal non profit facendo pagare 5 anni di Ici dal 2006. Questa cifra non l’ho mai sentita prima. Una stima è impossibile. Al massimo si può parlare di 500 milioni o poco più. Ma il problema non è il passato: dovremmo preoccuparci alle attività sociali che rischiano di chiudere già oggi anche grazie a chi ha messo il non profit nel mirino.