Prelevare le impronte ai migranti irregolari anche usando la forza. La perentoria richiesta giunge all’Italia direttamente dalla Commissione Europea, in un rapporto che sarà presentato oggi, e che rilascia una pagella piuttosto negativa all’Italia, a meno di una settimana dall’avvio della procedura d’infrazione per l’insufficiente prelievo di impronte digitali ai migranti. Un documento che chiede di accelerare sul fronte degli
hotspote rileva problemi sui migranti, troppi pochi possono essere ridistribuiti in Europa. Il testo, circa una decina di pagine in cinque sezioni, compie un’analisi tecnica della situazione degli hotspot – i centri di accoglienza e registrazione di migranti irregolari con ausilio di personale Ue –, delle operazioni svolte dalle autorità italiane, delle attrezzature, come le cosiddette 'macchine Eurodac', per l’immissione nella grande banca dati europea delle impronte. «Le autorità italiane – recita il passaggio più forte – devono accelerare gli sforzi, anche a livello legislativo, per fornire un quadro legale più solido allo svolgimento delle attività negli hotspot, e in particolare consentire l’uso della forza per prendere le impronte digitali». Il riferimento è al problema lamentato dalle autorità italiane dei molti migranti (soprattutto eritrei) che rifiutano di farsi prelevare le impronte. Il testo però parla anche di «prevedere la possibilità di trattenere più a lungo i migranti che oppongono resistenza». Una misura che richiederebbe centri detentivi, su cui l’Italia punta i piedi.Bruxelles del resto chiede di accelerare sul fronte degli hotspot. «Nonostante i forti incoraggiamenti – si legge nel rapporto – solo uno dei sei hotspot previsti è pienamente operativo, a Lampedusa. La Commissione si aspetta che altri due hotspot, a Pozzallo e Porto Empedocle siano aperti tra pochi giorni» (in totale ne sono previsti sei). C’è di peggio: secondo Bruxelles non vi sono abbastanza migranti delle nazionalità previste dalla decisione Ue di ridistribuzione di 160.000 migranti da Italia e Grecia (39.600 dall’Italia), e cioè eritrei, siriani e iracheni. «Il processo di ricollocamento – si legge nel documento – è al momento colpito dalla mancanza di candidati potenziali a causa di un basso livello di arrivi, concentrati su nazionalità che non sono candidabili per il ricollocamento». Tradotto: la massima parte dei migranti irregolari in Italia dovranno o restare, o essere espulsi. Ma la 'tirata di orecchie' della Ue viene in parte smorzata dalle parole del commissario europeo per l’Immigrazione, il greco Dimitris Avramopoulos che ieri era a Milano per un incontro in prefettura con il ministro dell’Interno Angelino Alfano. «Per essere franchi non ci sono tensioni tra Europa e Italia – ha detto Avramopoulos – Dobbiamo cercare di porre rimedio a questa problematica perché per attuare l’agenda comune sulle migrazioni dobbiamo adattare la procedura a questa nuova fase ». Ma per il ministro dell’Interno, la procedura Ue resta «ingiusta e irragionevole». E sulle impronte digitali e l’uso della forza, anticipato nel rapporto della Commissione Ue sull’Italia atteso per oggi, Alfano ha spiegato che «ci sono già sentenze di Cassazione che autorizzano un uso proporzionato della forza». «Ok alla bozza Ue – ha poi aggiunto – ma con rimpatri. La linea italiana è che hotspot, delocation e rimpatri vadano assieme». Al termine della presentazione del suo libro dedicato alla minaccia terroristica e intitolato 'Chi ha paura non è libero', Alfano non nasconde però che si troverà comunque l’accordo. «Sono convinto che tutto sarà in termini tecnici alla fine condiviso – ha concluso – perché dal punto di vista tecnico e anche politico abbiamo ragione».