Intervista. Calenda: serve governo vero. E c’è il fondo crisi d’impresa
Ministro Carlo Calenda, partiamo dall’attualità stretta. Una nevicata ha di nuovo messo in ginocchio l’Italia. È la prova che da noi restano grossi problemi di sviluppo?
Non è una giustificazione, ma abbiamo avuto condizioni estreme – risponde il titolare dello Sviluppo economico –. Per due giorni siamo andati vicini anche a un allarme per il gas. È la conferma che dobbiamo proseguire a fare fortissimi investimenti sulle infrastrutture per evitare di andare sempre in affanno sulle emergenze. Ma non nascondiamo che esiste anche il problema che ogni volta partono decine di ricorsi al Tar. Lamentarci delle infrastrutture e poi tentare di bloccarle ogni volta è un paradosso da cui bisogna uscire, una volta per sempre.
C’è anche un problema d’investimenti pubblici che languono, rispetto a quelli privati in ripresa.
Gli investimenti privati hanno una superiore velocità d’atterraggio, perché sono svincolati da certe procedure. È una delle ragioni per cui ho fatto il piano Industria 4.0 con incentivi fiscali automatici e non a bando, perché così ci metti molto meno a far partire Pil e occupazione e non è un caso se il primo anno gli investimenti incentivati da questo piano sono cresciuti dell’11%, un tasso 'cinese'. Il fatto è che siamo un Paese con moltissima sfiducia in se stesso, che costruisce meccanismi barocchi nelle gare pubbliche perché pensa che dietro ci sia sempre una possibile corruzione. Invece si dovrebbero attivare percorsi più agevoli, poi se si trova un corruttore deve andare in galera e basta.
Parliamo di crisi industriali. A che punto stiamo?
Sono casi molto diversi fra loro. Per Ilva Taranto l’investitore c’è, ma ci troviamo di fronte a tre questioni: l’Antitrust europeo, ma qui ci siamo premuniti con una clausola che non consente di svincolarsi qualunque cosa chieda l’Antitrust; l’accordo sindacale sui 14mila lavoratori, per il quale auspico la stretta finale entro marzo; infine, c’è questa situazione, senza eguali nel mondo, per cui abbiamo ricorsi dagli enti locali che non entrano nel merito, finalizzati al solo fatto di segnalare 'qui comando io'. Ricordo che parliamo di più di 5 miliardi di risorse al Sud, fra prezzo d’acquisto e nuovi investimenti. Alitalia non ha intaccato un euro del prestito-ponte, quindi dei soldi degli italiani, i commissari hanno fatto un eccellente lavoro di ristrutturazione, il problema è che i potenziali acquirenti vogliono aspettare le elezioni.
E per Embraco?
È una vertenza che ha due punti rilevanti: la delocalizzazione nei paesi dell’Est che, col forte sospetto di aiuti di Stato illegali, offrono condizioni strutturali che mai potremo eguagliare, un nodo che va risolto in Europa. Ma, soprattutto, loro hanno rifiutato 10 mesi con la Cig a spese nostre, per farci trovare una reindustrializzazione in continuità: è il primo caso di multinazionale che si comporta così, è inaccettabile. Ho visto che lunedì ci sono stati segnali di apertura dall’azienda. Loro sanno qual è il punto, mi aspetto che facciano un passo avanti.
Lei ha una provenienza confindustriale, ep- pure sembra aver assunto negli ultimi tempi un profilo più sociale. È così?
Come primo obiettivo io ho sempre avuto la protezione dei lavoratori dalla globalizzazione squilibrata. Quando c’è stato il problema dei call center ho fatto firmare un protocollo, il primo in Europa, contro la delocalizzazione. Nella Ue abbiamo fatto mettere più dazi antidumping di ogni governo precedente. Il punto è che a nessuno importa delle crisi finché non ci si avvicina al voto. Poi scatta la gara ignobile al selfie con gli operai. Come ha fatto Salvini che ha preso in giro senza ritegno quelli di Ideal Standard.
In base alla sua esperienza di ministro, cos’è che serve soprattutto all’Italia?
Dobbiamo continuare in un’azione, seria, per una crescita basata su 'più investimenti, più lavoro, più reddito'. Non si fa crescita in altri modi, non ci sono scorciatoie. C’è poi il grande tema delle transizioni industriali: abbiamo interi settori che saranno investiti dall’innovazione tecnologica, quindi dobbiamo mettere in campo una gamma di strumenti che favoriscano queste transizioni che ormai saranno continue, combattendo quelle patologie e distorsioni che ci sono.
Quali progetti avete in mente?
Il Cipe dovrebbe deliberare domani (oggi per chi legge, ndr ), con congrui finanziamenti, un fondo anti-delocalizzazioni che sarà gestito da Invitalia per consentire di prendere un’azienda in crisi, ristrutturarla e rivenderla sul mercato.
Cosa ne pensa delle parole dette dal presidente della Commissione Ue, Juncker, sui rischi legati alle elezioni italiane?
Che la Commissione Ue si preoccupi per gli esiti elettorali negli stati membri non ci vedo niente di male, anche se sarebbe meglio che Juncker si astenesse dal dirlo apertamente. Stavolta c’è però, in effetti, una situazione di eccezionalità: rischiamo che s’impongano movimenti populisti e nazionalisti che oltre a sostenere valori sbagliati e ricette assurde dimostrano, a differenza di quanto accaduto in altri Paesi, totale incompetenza.
A quali esempi stranieri allude?
Sarkozy, a esempio, aveva una forte 'curvatura' nazionalista, ma aveva una sua consistenza. Anche Marine Le Pen, di cui non condivido nulla, sa di cosa parla. Noi abbiamo Salvini che arriva a proporre pure la tassa sui robot quando l’Italia è uno dei principali produttori di robotica. Questo populismo e nazionalismo non sono solo cupi a livello di valori: presentano un livello di confusione straordinario e incredibile, nella Lega ma pure in M5S, come ho sperimentato a Roma.
Facciamo lo sforzo contrario. Mi dice una cosa in positivo di M5S e centrodestra?
Quando il M5S mette nel programma che vuol far diventare l’Italia una smart nation , non si può non condividere. Peccato che poi scriva solo due righe due per dire come intende farlo. Nel centrodestra mi viene più difficile..., vedo molto folklore, anche se ha personalità razionali e responsabili come Tajani. Su flat tax, Fornero, reddito di cittadinanza e abolizione delle tasse universitarie mi sembra la saga delle promesse assurde, mentre avremmo bisogno di concretezza.
A esempio?
In Italia c’è una domanda enorme di giovani formati negli istituti tecnici superiori: la Germania ne diploma 800mila l’anno, noi 9mila e avremmo bisogno di almeno 100mila. Bisogna aumentare gli stanziamenti e attrarre più persone verso queste scuole. Si tratta d’investire 400 milioni, un quarto di quanto costerebbe abolire le tasse universitarie.
Renzi dice 'resto anche se il Pd perde'. Fa bene?
Certo. Io con Renzi ho litigato e discusso, però esistono quelle che si chiamano regole, che non si rispettano solo quando fa comodo. Nel Pd esiste un sistema basato su primarie e congresso, quindi - a meno che Renzi decida diversamente - è giusto che si segua questa strada perché il Pd è nato con queste regole, non può tradirle. Non si fanno 'colpi di palazzo'.
Se il 4 marzo non uscirà una maggioranza netta, cosa occorrerà fare?
Un governo - non so se possa essere la continuazione di questo o un altro - per fare una nuova legge elettorale, capace di dar vita a una maggioranza coerente e seria, e la legge di Bilancio per il 2019. E poi tornare al voto. Entro l’anno? Mi sembra estremamente difficile.
C’è chi ipotizza un 'governo di tutti'.
Bella definizione (ride, ndr ). Se si costruiranno le basi, che oggi non vedo, per una grande coalizione con un programma serio, sarà tutto un altro film. Durante la campagna elettorale non può emergere niente in questa direzione, dopo possono maturare nuove condizioni.
Sui giornali si scrive molto anche sul suo, di futuro. Cosa farà dal 5 marzo?
Io sono sempre stato chiaro. Fare il parlamentare non è il mio lavoro, per questo non mi sono candidato. È stata invece una bellissima esperienza fare il ministro perché significa calarsi nella gestione, che è un altro dei grandi temi trascurati in Italia, più importante anche delle riforme. La gestione è un aspetto fondamentale, perché è solo partendo dall’analisi di cosa è possibile fare effettivamente che si può decidere cosa è giusto fare. La mia attuale prospettiva è che il mandato sta per finire, per questo mi sto preparando per lasciare il Mise col minor numero possibile di decreti attuativi e questioni pendenti. Se ci saranno invece le condizioni per continuare, lo vedremo dopo il 4.