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IL MONITO E L'INVITO. Immigrazione, Napolitano: «No ad allarmismi e vittimismi»

Angelo Picariello sabato 26 febbraio 2011
Sulla Libia evitare di agitare fantasmi, paventando esodi biblici. «Non bisogna cedere ad allarmismi e vittimismi». Il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano lancia il suo monito da Berlino, prima di concludere la visita in Germania. Giovedì, nella capitale tedesca, Napolitano aveva fatto il punto sulla situazione in Maghreb con il capo dello Stato Christian Wulff e il cancelliere Angela Merkel.E ora ribadisce «l’esigenza di una forte solidarietà per far fronte a questa emergenza». Esigenza «che non è solo dell’Italia o della Germania, paesi a cui non si chiede un particolare ruolo, ma di tutti», perché «non è un problema solo dell’Italia, né solo dell’Italia e della Germania, ma di tutta l’Europa».Un’esigenza che è stata anche l’oggetto di una telefonata, ieri, di David Cameron a Silvio Berlusconi. Il premier britannico ha innazitutto ringraziato per la messa a disposizione della base di Sigonella, concordando poi, i due capi di governo, al termine di un fitto scambio di vedute sulla situazione nordafricana, sull’esigenza di un’azione coordinata a livello europeo, ma anche dell’Onu.Sui numeri Napolitano predica prudenza: «Non siamo in grado di fare quantificazioni», ma occorre attrezzarci, concorda, come Unione Europea, occorre «un intervento più consistente del Frontex». Un intervento, però, che non si limiti all’aspetto sanzionatorio, auspica Roberto Maroni: «Bisogna che l’Europa prepari rapidamente un sostanzioso piano Marshall». Il rischio, altrimenti, «è di dare l’impressione a chi vive in Libia che l’Unione europea sia solo punizione, perciò un nemico e questo - paventa Maroni - può alimentare la propaganda dei movimenti islamisti e dei nemici dell’Occidente».Napolitano nega che nei colloqui con il presidente tedesco Wullf abbia incontrato resistenze o insensibilità. «Ho letto qualche commento che fa riferimento a un mio appello caduto nel vuoto, ad una porta trovata chiusa, non capisco da cosa si desuma», lamenta. Sull’ipotesi sanzioni, sottolinea poi, «l’Italia non ha mai posto veti o rifiutato l’ipotesi». Però, aggiunge, «noi abbiamo la grossa questione di garantire la sicurezza degli italiani e degli stranieri residenti in Libia, come evacuarli in caso di necessità e come ottenere la cessazione di violenze inaccettabili e a seguire una transizione ordinata».Sul dopo Gheddafi si è creato anche un piccolo giallo per un’intervista (o meglio «un colloquio») tra il ministro Franco Frattini, che ha accompagnato Napolitano in questi due giorni in Germania, con un giornalista dell’edizione tedesca del Financial Times. L’autorevole quotidiano economico britannico ha riferito che il ministro si sarebbe detto disponibile a un «nuovo governo guidato da Gheddafi o da uno dei suoi figli». Ma il ministro nega sdegnato. «Sono stupefatto», dice. «Quello che è stato scritto non corrisponde a quello che penso e a quello che ho detto», assicura Frattini. Secondo il Financial Times, invece, «l’Italia continua a puntare sul clan dei Gheddafi», e «ha messo in guardia gli europei dal promuovere attivamente la caduta» del dittatore libico. Sostiene sempre Frattini nel colloquio poi smentito, «non possiamo stabilire a Bruxelles, a Roma o a Berlino cosa è bene per la Libia». Parole che Frattini sostiene però di non aver mai detto, e che inducono la Farnesina a diramare una nota di smentita. Un difetto di comunicazione che il ministro attribuisce anche alla scelta del giornalista di voler parlare in italiano. Come a dire: non ha capito nulla.