Attualità

Integrazione. Europa, nessuno è straniero

Paolo Lambruschi giovedì 10 maggio 2012
Altro che stranieri. In Italia e in altri sei stati della Fortezza Europa la maggior parte degli immigrati residenti si dice contenta del posto dove vive e lavora, si ritiene pronta a votare e a partecipare attivamente alla vita politica e sociale. E, a sorpresa, Napoli si rivela capitale europea della partecipazione dei migranti. Infine, in Italia per oltre la metà del campione è stato il ricongiungimento famigliare il principale veicolo di stabilità e integrazione. Lo rivela "Immigrant Citizens Survey", prima indagine transnazionale sui livelli di integrazione degli immigrati condotta in sette stati europei e 15 grandi città da Fondazione Ismu, King Baudouin Foundation e Migration Policy Group in collaborazione con "ReteG2 - Seconde generazioni" su un campione di 7437 immigrati regolari,797 dei quali residenti a Milano e Napoli. La voce dei protagonisti descrive una realtà diversa da quella descritta dai media, la realtà di chi vive stabilmente in Europa e cerca una nuova identità. È dura dar torto a Francoise Pissart della King Baudouin Foundation quando definisce «sorprendenti» i risultati: «Mentre il dibattito pubblico – commenta – si concentra sui problemi di integrazione, questa indagine mostra un quadro diverso». Basta scorrere i dati che ci riguardano. Ricordiamo che è molto alta, tra il 70 e l’80%, la percentuale di immigrati residenti in Italia che vuole recarsi alle urne. E che tre su quattro desiderano acquisire la nuova cittadinanza. L’Italia inoltre presenta le più alte percentuali di partecipazione tra gli immigrati alla vita civica dopo il Belgio: a Milano il 14,6% degli intervistati è iscritto al sindacato (contro il 5,5% della popolazione locale), a Napoli addirittura il 3,2% dice di essere iscritto a un partito politico, in linea con la media nazionale che è del 3,7%. Sempre la città partenopea risulta quella in Europa dove gli immigrati hanno maggiore conoscenza (più dell’80%) e partecipazione (circa il 20%) a organizzazioni di immigrati. Più scontati i problemi per il lavoro. I paesi dove è più difficile  trovare occupazione sono Portogallo e l’Italia. Da noi dichiara di aver avuto difficoltà dal 70 all’80% degli intervistati. Napoli e Milano sono inoltre le città europee in cui gli immigrati si sentono meno valorizzati rispetto al titolo di studio: sotto il Vesuvio il 66% ha un lavoro dequalificante e all’ombra della Madonnina il 53%. Condizione. e questa è invece una novità, sottolineata solo da un immigrato su cinque a Berlino, Liegi e Stoccarda. In Italia sono meno del 10%, rispetto a un terzo o un quarto nel resto d’Europa gli immigrati che hanno chiesto di riconoscere ufficialmente le proprie qualifiche. Quanto al tipo di impiego, mentre nel resto d’Europa più della metà degli immigrati è dipendente di imprese private, Napoli è ancora in controtendenza: più della metà dichiara di avere impieghi di servizio o domestici. Altro cardine dell’integrazione è la famiglia. Nel Belpaese oltre la metà degli intervistati conferma che il ricongiungimento con coniuge e figli li ha aiutati a sentirsi più coinvolti nella comunità locale. Ma c’è un ostacolo al ricongiungimento familiare, vale a dire il mancato ottenimento dei documenti. Sorpresa positiva invece la tempistica necessaria a ottenere un permesso di soggiorno a lungo termine. Siamo in linea con le burocrazie di Francia, Germania, Spagna:  più del 60% dei residenti stranieri a Milano (a Napoli meno del 40) lo ha ottenuto in circa 6 anni. La "pagella" che gli immigrati compilano sulla nuova vita italiana è nel complesso m più che sufficiente. Da 0 a 10, il voto complessivo di chi vive a Milano è pari a quello dei milanesi, vale a dire 6.5. A Napoli scende al 6 meno, si può migliorare. Tocca alla politica rispondere al desiderio di cittadinanza e partecipazione di chi risiede stabilmente nel Paese. Meritandosi la sufficienza.