Palermo. «Seicentomila migranti alle porte»
«Da 300mila a 600mila persone in questo momento si trovano sulle coste del Nord Africa e hanno intenzione di attraversare il Mediterraneo. E il calcolo è per difetto». Le stime del ministro dell’Interno, Angelino Alfano, prefigurano un nuovo tsunami umano che dimostra come «non siamo in condizioni di emergenza, ma di immanenza. Questi anni saranno ricordati nella storia come tempo delle grandi migrazione dal Sud al Nord del mondo. Non è una questione solo italiana – aggiunge –. Ci batteremo perché questa frontiera venga difesa. C’è lo strumento: si chiama Frontex, va potenziato». Ma gli replica a distanza il direttore del Consiglio italiano per i rifugiati, Christopher Hein, che bolla questi numeri come «stime senza base reale» e «un allarmismo che non aiuta». «Bisogna riconoscere – riflette Hein – che si sta registrando un aumento effettivo degli arrivi via mare negli ultimi mesi. Dal primo gennaio sono arrivati sulle nostre coste circa 11 mila uomini. Ma attenzione agli allarmismi».
Alfano parla a Palermo, durante un pomeriggio di analisi, studio e riflessione sul tema "Una politica d’immigrazione comune per l’Europa", organizzato dall’Assemblea regionale siciliana e dalla Conferenza dei presidente dei Parlamenti regionali nel giorno in cui ricorrono i sei mesi dall’ultimo terribile naufragio al largo di Lampedusa. I corpi recuperati furono 366, «anzi 367 – ricorda la giornalista Elvira Terranova –, perché un neonato appena partorito fu trovato sott’acqua ancora attaccato alla madre col cordone ombelicale». Scorrono le immagini della tragedia e dei soccorsi, si tenta di fare il punto sulle strategie messe in campo dall’Italia e dall’Europa, in vista del semestre di presidenza italiana dell’Ue e all’indomani della depenalizzazione del reato di immigrazione clandestina.
«In questo momento migliaia di persone ambiscono a venire e questa vicenda è l’epifenomeno dell’instabilità dei regimi politici e la grande forza di organizzazioni criminali e trafficanti di morte – continua Alfano –. Bisogna chiedersi se in quei luoghi la cooperazione internazionale sta funzionando. Bisogna avviare una cooperazione giudiziaria, per portare avanti le inchieste aperte in Italia contro i mercanti di morte. L’Italia è campione del mondo di soccorso in mare e di accoglienza, lo dimostra l’operazione Mare nostrum che ha messo in salvo oltre 10 mila persone. Io ho triplicato, facendoli passare da 3 mila a 9 mila, i posti negli Sprar. Ma chiediamo la modifica del trattato di Dublino, perché l’Italia non può essere la prigione di chi arriva in Italia e invece vuole andare da un’altra parte».
È l’Europa la grande "incriminata". «Il semestre di presidenza italiana del Consiglio dell’Unione Europea è un’occasione fondamentale per l’Italia affinché all’ordine del giorno dell’Europa non ci siano solo il rigore e i conti aritmetici della spesa, ma si parli di sviluppo, di crescita e di immigrazione – sottolinea il presidente della commissione Affari esteri del Senato, Pierferdinando Casini –. Bisogna mettere al centro la politica di buon vicinato nei confronti del Mediterraneo». Ma avverte: «Fino a quando il tema dell’immigrazione sarà al centro delle campagne elettorali noi non riusciremo mai a dare un contributo serio alla soluzione di questo problema». E a distanza risponde il presidente del Consiglio Ue, Herman van Rompuy. Quella dell’immigrazione è stata una delle "questioni chiave" affrontate dal vertice Ue-Africa, sottolinea, annunciando una «dichiarazione congiunta in cinque punti, una roadmap per impedire il ripetersi di tragedie come quella avvenuta a Lampedusa» nell’ottobre scorso o «nel deserto della Nigeria».
Ma nel dibattito arriva la stoccata del presidente dell’associazione Migrantes e arcivescovo di Agrigento, Francesco Montenegro: «L’Europa si regge non sui volti degli uomini, ma sull’economia. Il rischio, quando si parla di immigrati, è che diventino statistiche e fino a qualche tempo fa anche criminali, invece che uomini e donne che hanno voglia di vivere. Mi chiedo perché bisogna morire affinché al fenomeno migratorio sia data attenzione». Una dura presa di posizione anche sulle strutture in cui tenere i migranti: «I Cie non dovrebbero esistere perché non consentono una vita dignitosa. Lampedusa è il simbolo della fallimentare politica in tema di immigrazione portata avanti nel nostro Paese».
Il sollievo per l’abolizione del reato di clandestinità serpeggia tra le istituzioni presenti. «Era ora», commenta il presidente dell’Ars, Giovanni Ardizzone. E il procuratore capo di Agrigento, Renato Di Natale, ricorda che i suoi uffici nel 2013 erano stati costretti ad aprire 16 mila fascicoli per via dei continui sbarchi: «La depenalizzazione comporterà una deflazione del carico giudiziario per tutti gli uffici, in particolare per quelli di Agrigento, intasati da migliaia di procedimenti. Avrà l’effetto di ridurre le spese e consentirà di fare una migliore lotta agli scafisti, perché il migrante potrà essere sentito come semplice testimone e sarà portato a dire con maggiore serenità quello che sa».