«Le rotte dell’immigrazione clandestina via mare sono cambiate. Ora gli sbarchi sono ricominciati sulle coste pugliesi». A parlare è un investigatore del Servizio centrale operativo (Sco) della Polizia, con anni d’esperienza nel contrasto alla tratta di esseri umani. È appena rientrato a Roma, proveniente dalla Puglia, «dove è stato approntato un dispositivo delle squadre mobili di Lecce e Bari, proprio per far fronte all’aumento di approdi nella zona». Di nuovo Puglia, dunque. Come in un gioco al rimpiattino che ha per campo d’azione l’intero Mediterraneo, se gli approdi siciliani vengono interdetti dalle politiche di accordo con la Libia e dai respingimenti, le organizzazioni di scafisti cercano nuovi approdi sulla Penisola. Lo conferma la cronaca degli ultimi vent’anni: in principio fu proprio la Puglia, con l’esodo albanese dei primi anni Novanta, poi toccò alla Calabria con le carrette zeppe di curdi e quindi alla Sicilia, coi barconi di africani. Ora è di nuovo la Puglia, anche se, puntualizza il funzionario dello Sco, «non si tratta più di sbarchi di massa, come avveniva in Sicilia, ma di gruppetti fra 30 e 60 migranti stipati su piccoli scafi, spesso barche a vela, che approdano nelle calette fra Otranto e Nardò». Da dove provengono? «Da Grecia e Turchia, probabilmente da punti di raduno nei pressi della città greca di Patrasso e di quella turca di Izmir. Per ogni trasportato, gli scafisti incassano 800-1000 euro. E i “passeggeri” dichiarano di essere afghani, curdi o iraniani». Dichiarano? «Eh sì, perché sono quasi sempre senza documenti. C’è pure chi simula una nazionalità per avere accesso alle procedure per la richiesta d’asilo, ma poi viene smascherato dagli accertamenti». Le investigazioni proseguono anche per individuare le organizzazioni di trafficanti: «In sei mesi abbiamo arrestato una trentina di scafisti, acquisendo dati dai loro interrogatori e dai colloqui coi migranti – spiega il funzionario dello Sco –. Abbiamo sequestrato decine di cellulari e stiamo controllando numeri e tabulati. Inoltre un poliziotto italiano è già ad Atene, per aprire canali di collaborazione. E un ufficiale di collegamento della polizia turca in Italia sta offrendo aiuto alle indagini». Ieri, a 6 miglia da Gallipoli, l’ennesima barca a vela, con 44 migranti a bordo, è stata individuata dalla Guardia di Finanza. Il che porta a oltre 3.600 gli immigrati clandestini complessivamente sbarcati sulle coste italiane fra il primo agosto 2009 e l’11 agosto 2010. Cifre del Viminale alla mano, si tratta di quasi l’88 per cento in meno rispetto ai 29.076 approdati dal primo agosto 2008 e il 31 luglio 2009, quasi tutti sulle coste siciliane. Una conferma, rivendica un analista del ministero dell’Interno, che «gli accordi con la Libia e i pattugliamenti del Canale di Sicilia hanno funzionato». E, per tale motivo, la strategia per contrastare la nuova ondata migratoria via mare sarebbe molto simile. Potrebbe illustrarla oggi a Lecce, al termine di un Comitato per l’ordine e la sicurezza convocato ad hoc, il sottosegretario all’Interno Alfredo Mantovano. Fonti del Viminale anticipano che sarebbe «in via di definizione un accordo bilaterale di cooperazione tra la polizia italiana e quella greca». Inoltre «a settembre dovrebbe tenersi a Istanbul un incontro fra i vertici del Dipartimento di pubblica sicurezza italiano e i loro corrispettivi turchi, per approntare una strategia comune di contrasto alla tratta di migranti tra i due Paesi». Un doppio tentativo, condotto in tempi brevi, per provare a stroncare sul nascere l’ennesimo cambio di rotta degli scafisti.