Attualità

IL RUOLO DEI GIORNALI. Immigrati, in pagina fanno meno paura

Paolo Auriemma mercoledì 21 luglio 2010
Piano, molto piano, i giornali provano a cambiare strada sull’immigrazione: meno accostamenti alle parole «emergenza» e «sicurezza», maggiore spazio a storie, volti e nomi di un’integrazione possibile. L’osservatorio "Carta di Roma", l’organismo che intende monitorare gli impegni deontologici assunti dai giornalisti per raccontare la vita degli stranieri, ha ieri pubblicato il rapporto dell’ultimo semestre. Cuore dello studio la trattazione sulla carta stampata della rivolta di Rosarno, con il picco negativo raggiunto quando Il Giornale ha utilizzato il termine "negri" in prima pagina («era una provocazione», si giustificò Vittorio Feltri) e gli approfondimenti più ampi e completi proposti, tra gli altri, da Avvenire («sposta in avanti la speranza», ha commentato il sociologo della comunicazione Mario Morcellini, coordinatore del lavoro) e La Stampa.Oltre il caso-Rosarno, Avvenire si pone in testa anche per gli articoli di prima pagina dedicati agli immigrati nel quadrimestre gennaio-aprile: 79 su 120 complessivi pezzi di cronaca. Le peggiori performance le hanno Il Giornale (45 su 124) e Libero (38 su 128).Il rapporto parte proprio dall’analisi delle prime pagine. Così come il tema-immigrazione è scivolato giù nell’agenda politica, così è scivolato nell’agenda di alcuni giornali (Repubblica e, per l’appunto, Il Giornale e Libero). Fanno eccezione Avvenire, La Stampa e Corriere della sera, che hanno continuato a parlarne con la stessa intensità dell’anno scorso.Nel trend complessivo si inserisce Rosarno, una fiammata che fa tornare nei titoli la parola "clandestino" (che poi si rivelerà inadatta, visto che il 70 per cento degli immigrati erano regolari) se non, come detto, la più offensiva "negro". Sette giorni dopo di nuovo il vuoto, giustificato dal terremoto ad Haiti. Analizzando gli editoriali e i commenti, Avvenire e Il Messaggero vanno a mettersi tra coloro che con più insistenza cercano risposte sul «da farsi» e inquadrano il problema in una cornice di «solidarietà e cultura dei diritti». Il Giornale assume una linea che i ricercatori definiscono di «rigore con spirito provocatorio», Libero va «alla ricerca di un colpevole» e «punta a far quadrato intorno al governo». Quotidiano nazionale, Corriere e Il Sole 24 ore si caratterizzano per la diversità di posizioni ospitate, mentre Repubblica (a cui viene riconosciuta la capacità di fornire «elementi di scenario e di approfondimento») va nella lista di coloro che propongono «analisi senza soluzioni», in compagnia di Manifesto e l’Unità (il giornale di Gramsci, dicono gli studiosi, si distingue per «analisi suggestive e articolate»). La Stampa viene "premiata" per la scelta di andare a fondo nelle matrici economiche della rivolta, nelle nuove dinamiche produttive dell’agricoltura meridionale legate agli scenari europei.Terza parte del rapporto, la ricerca di buone notizie. Arriva un piccolo segnale incoraggiante. Nel precedente studio c’erano 26 good news su 5.684 articoli. Nel 2008 ne sono state pescate 85 su 1.540, il 5,5 per cento. Sul dato è prudente Morcellini, più scettico Olivero Forti di Caritas italiana («il bicchiere è più vuoto che pieno»). «Nel complesso – sintetizza Morcellini, presidente della Conferenza delle facoltà di Scienze della comunicazione – assistiamo ad una normalizzazione, si riduce quella gigantografia della paura cui abbiamo assistito l’anno scorso». Il presidente della Fnsi, Roberto Natale, citando il dibattito sui respingimenti, mette invece in guardia dalla «scarsa attitudine a verificare le fonti istituzionali».La portavoce dell’Alto commissariato Onu per i rifugiati, Laura Boldrini, richiama infine alla responsabilità: «Un recente servizio che pubblicava nomi e foto di tre eritrei richiedenti asilo ha portato alla rappresaglia delle loro famiglie in patria, i rifugiati meritano le stesse tutele degli altri soggetti vulnerabili».