Una galassia sempre più in agitazione. Un limbo giuridico e amministrativo sempre più difficile da gestire. È la realtà dei Cie (Centri di identificazione ed espulsione), strutture dislocate in varie parti d’Italia (vedi grafico qui sotto) in grado di ospitare fino a duemila persone e sulle quali più di una volta sono stati sollevati polemiche e interrogativi. I Cie, con il Cara (Centri accoglienza richiedenti asilo) e i Cda (Centri di prima accoglienza) costituiscono la rete dell’«accoglienza» statale per gli immigrati che arrivano nel nostro Paese. Una "camera di compensazione" indispensabile per verifiche e accertamenti, ma che oggi va completamente ripensata.«La denuncia sulle pessime condizioni in cui si trovano i detenuti, gli internati e gli stranieri nei Centri di identificazione ed espulsione (Cie), come nelle carceri, è ormai unanime». Piero Innocenti ha da poco lasciato la Polizia di Stato, dove ha ricoperto incarichi di alto profilo (questore a Teramo, Piacenza e Bolzano, prima di diventare consulente del capo della Polizia); non ha invece abbandonato la passione per gli studi legati ai flussi migratori, alle moderne forme di schiavitù, alle narcomafie. Il fatto di aver servito lo Stato con incarichi dirigenziali non significa per lui adottare una linea "diplomatica" per giudicare la «carcerazione amministrativa» degli stranieri irregolari. In fondo, «che qualcosa non va nei Cie dove, alla data del 18 settembre 2012, sono trattenuti, in stato di "detenzione amministrativa", 901 stranieri irregolari (uomini e donne), è sotto gli occhi di tutti». E in questi primi 9 mesi del 2012 le rivolte e le proteste, talvolta violentissime, sfociate spesso in suicidi e tentati suicidi, si sono susseguite con insolita frequenza rispetto al pur problematico 2011. In tutta la Penisola si contano 13 Cie, per un totale di 1.901 posti, a cui si aggiungono 9 Centri di accoglienza per richiedenti asilo (Cara), strutture che con il villaggio degli immigrati di Mineo, in cui vivono duemila persone, offrono in totale 5.744 posti letto. La situazione di disagio è stata denunciata più volte. Il 17 aprile scorso è stato presentato al ministro della Giustizia, Paola Severino, il "Rapporto sullo stato dei diritti umani negli istituti penitenziari e nei centri di accoglienza e trattenimento per migranti in Italia". «Il documento - spiega Innocenti - era stato approvato, all’unanimità, il 6 marzo 2012, dalla "Commissione straordinaria per la tutela e la promozione dei diritti umani del Senato". Nelle 278 pagine del rapporto (sono inclusi anche i disegni di legge presentati nel tempo per introdurre il reato di tortura e il garante nazionale dei detenuti), c’è la radiografia del sistema carcerario e della penosa situazione in cui si trovano gli oltre 66mila detenuti in strutture da circa 46mila posti». Ancor prima di quel rapporto, rileva l’ex dirigente della Polizia, «sarebbe stato opportuno (ri)leggersi quello stilato nel 2007 dalla Commissione De Mistura (dal nome dell’ambasciatore Staffan De Mistura che presiedette la commissione) e le raccomandazioni conclusive formulate che "...ancorché possano apparire di complessa attuazione...", avrebbero potuto consentire di affrontare il "problema della irregolarità" degli stranieri in maniera "più creativa ed efficace"».Ma anche in quella occasione, «poco o nulla fu fatto». Proprio come alcuni anni dopo, nel 2010, quando, a seguito di un altro corposo rapporto-denuncia di Medici senza Frontiere (MsF), «la classe politica - dichiara Innocenti - non ebbe il "coraggio" di affrontare i temi delle condizioni socio sanitarie nei centri, lo stato precario delle strutture, le modalità di gestione, il rispetto dei diritti degli immigrati». Già il primo studio del 2004, "Cpta: anatomia di un fallimento", sempre curato da MsF, «non aveva lasciato alcun margine di dubbio sul malfunzionamento dei vari centri e sul profondo malessere fra i trattenuti», evidenziato da gravi episodi: risse, rivolte, autolesionismi, somministrazione di sedativi.Il problema, dice l’ex questore, è che «l’immigrazione irregolare non si può risolvere con norme penali, costruendo "muri" o trattenendo nei Cie persone per una "detenzione" ingiustificata» che può arrivare sino a 18 mesi. «Un tempo di restrizione così prolungato, senza aver commesso alcun reato – aggiunge –, non può non causare conseguenze sulla salute fisica e mentale dei trattenuti».Nonostante ciò la situazione non è migliorata. Anzi. La Commissione senatoriale che ha stilato il Rapporto 2012, nella parte introduttiva, ricorda che «…le condizioni nelle quali sono detenuti molti migranti irregolari nei Centri di identificazione ed espulsione (..) sono molto spesso peggiori di quelle delle carceri».