Il vescovo di Cefalù. «La Sicilia nega il pane ai suoi giovani»
Il vescovo di Cefalù Giuseppe Marciante con un gruppo di giovani della diocesi
Il vescovo di Cefalù Giuseppe Marciante ritorna a dialogare con i giovani che lasciano la Sicilia. Lo fa con una lettera dalla quale emerge l’empatia del pastore: «Provo solo a immaginare quale possa essere la variegata schiera di sentimenti, più o meno celati, che si annida nei vostri cuori nel lasciare genitori, fidanzati, amici, luoghi e pezzi di vita; pezzi di anime e di storie. Penso a un intreccio di amarezza, rabbia, tristezza e sconforto verso una terra che, pur restando madre, non sa darvi più da mangiare, da vivere». Siamo di fronte a «una piaga sociale, economica, culturale, politica, ecclesiale e pastorale». Nei confronti della quale «ci manca forse il coraggio di una sinodalità progettuale e operativa, che sappia unire ogni istituzione presente nel territorio verso progetti che prendano le distanze dal lavoro nero, sottopagato, “raccomandato”. Dalle diverse e infruttuose forme di assistenzialismo “caritativo” che mascherano la dignità del lavoro e della persona».
Monsignor Marciante invita i giovani in partenza a non lasciarsi «abbattere dai facili commenti di coloro che, accecati dal successo, hanno dimenticato la loro terra; di giudici improvvisati che, dall'alto dei loro scranni, emettono facili sentenze; di chi vi considera dei fannulloni». Ringraziandoli perché «ci date una lezione di coraggio, di onestà, di “pulizia”; ci insegnate che la legalità apre la via alla speranza». Il testo si conclude con una metafora tutta sicula: «Cari giovani, voi mi ricordate la ginestra e i suoi fiori. Quella pianta di leopardiana memoria che sa lottare per crescere. Quella pianta che non si spezza mai neanche di fronte ai venti più violenti. Quella pianta i cui fiori profumano sempre».