M5s. Passa la linea dura. Conte: non accetto cambiali in bianco
Cinque ore di consiglio nazionale, più la replica della serata seguita alla telefonata tra Mario Draghi e Giuseppe Conte dicono che la spaccatura nel Movimento 5 stelle è più profonda di quanto si pensi. Di sicuro più di quello che i pentastellati vorrebbero far trasparire all’esterno. Ma il caos di ieri non aiuta a chiarire le posizioni: prima arriva un dietrofront sulla linea più accreditata per il voto di fiducia sul 'dl Aiuti' in Senato (l’uscita in blocco dall’aula), circostanza che sembra palesare la volontà di non mandare tutto all’aria. Poi, però, trapela l’indiscrezione di un’ennesima contorsione che prelude all’Aventino di oggi confermato dallo stesso Conte. «Il documento lasciato a Draghi esprime il disagio e il momento drammatico in corso.
Abbiamo offerto il nostro contributo perché nascesse questo esecutivo e abbiamo dato seguito al presidente Mattarella – spiega l’ex premier al termine della riunione congiunta –. Oggi si apre una crisi sociale troppo profonda nel Paese. Abbiamo chiesto un cambio di passo e Draghi ha convocato un tavolo per affrontare questi temi. Ma i 33 miliardi messi in campo sono una soluzione insufficiente. Ho parlato con Draghi e registro una disponibilità a venirci incontro, ma la fase attuale non può accontentarsi di dichiarazioni di intenti, non accettiamo cambiali in bianco. Occorrono concrete misure.
Domani (oggi ndr) non possiamo che agire con coerenza e linearità perché i cittadini non comprenderebbero una soluzione diversa. Al Senato non è possibile operare un voto disgiunto quindi non parteciperemo al voto». Questo l’epilogo ma per tentare di capirci qualcosa è utile riavvolgere il nastro della giornata. Il presidente grillino convoca l’assemblea con un’ora di ritardo rispetto al programma annunciato martedì. Il tentativo è quello di ricomporre e provare a 'vendere' le parole del premier dopo l’incontro con i sindacati come un segnale di apertura. Ma non è facile e la riunione prosegue senza che al di fuori filtri nulla o quasi. Bocche cucite per lunghissime ore, come chiesto dai vertici.
Ai cronisti viene passata un’unica notizia: il possibile cambio di rotta sulla fiducia. Un’inversione a 'U' che è facile immaginare sia stata suggerita anche dalle 'minacce' di Matteo Salvini. Ma che ha preso definitivamente consistenza con le parole di Enrico Letta arrivate a riunione in corso: con il M5s che non vota la fiducia il governo va a casa. Se anche gli alleati del fronte progressista ritengono che un eventuale 'no' sancisca la fine dell’esecutivo – deve aver pensato l’ex 'avvocato del popolo' ragionando coi suoi– è il caso di pensarci bene.
E però il fronte oltranzista si fa sentire comunque, tanto da impegnare Conte per un giorno intero e costringerlo ad aggiornare il consiglio alle 19 e 30. Sarebbero una trentina i falchi impermeabili a qualsiasi opera di persuasione e pronti a disobbedire a oltranza. Non un numero esiguo, specie dopo la ferita ancora aperta inflitta dal ministro degli Esteri. Meglio allora dare un’idea di unità di quel che resta del Movimento e tentare il tutto per tutto, perfino rischiando la crisi. Alla fine prevale la linea dura. C’è un dato quindi che emerge dal caos grillino: la leadership del presidente non è salda come si pensava fosse diventata dopo la scissione dei dimaiani. L’ex premier ha probabilmente tentato di salvare il governo facendo leva sui temi.
Magari con una scrematura delle nove richieste lasciate sulla scrivania del presidente del Consiglio, scegliendo dove appuntare le bandiere rosse, i paletti che avrebbero segnato il compromesso ma anche il limite oltre il quale il Movimento non sarebbe potuto andare se non a rischio di perdere definitivamente la faccia. Evidentemente non è bastato. Alla fine non resta che tenere la barra dritta magari rispondendo agli attacchi di Di Maio: «Chi si straccia le vesti e lancia strali, attribuendo giudizi di responsabilità a destra e a manca deve guardare nel suo cortile e deve interrogarsi se sono stati loro responsabili di questa situazione». Alla folla grillina basta questo per applaudire e pazienza se a farne le spese sarà il governo e forse il pnrr.