Il segnale. Il sogno di mettere in regola l'esercito delle colf in nero
Su oltre 80mila lavoratori domestici regolari gli stranieri sono il 70% circa
«Una “sanatoria” per i lavoratori stranieri irregolari? Sarebbe sacrosanta». Il presidente di Assindatcolf, Andrea Zini, che rappresenta i datori di lavoro domestico, non ha dubbi: «La loro regolarizzazione è una necessità primaria, ma da sola non basterebbe: deve essere accompagnata da un concreto sostegno dello Stato alle famiglie che assumono badanti, colf e baby-sitter. Come? Con una deducibilità fiscale delle spese, per esempio».
Non un colpo di spugna ma un welfare indotto e autogestito tra le parti: è questo l’auspicio di chi paga, per esempio, tra le 850 e i 1.000 euro al mese una badante a tempo pieno (quasi sempre straniera) per assistere un anziano o un malato con problemi di autosufficienza. Non chiamiamola sanatoria, però. Per il momento è solo un’ipotesi.
A beneficiarne sarebbe un esercito “nascosto” di circa 400-500mila immigrati che potrebbe diventare “linfa vitale” per l’economia del Paese e per le disastrate casse dell’Inps, con un gettito fiscale previsto di almeno 1,4 miliardi di euro ed entrate previdenziali per una cifra che raggiungerebbe i 3 miliardi. Si parla, dunque, di un «provvedimento di emersione », di un intervento normativo che renda regolari quei cittadini stranieri (senza pendenze penali) arrivati in Italia in maniera irregolare in cerca di un’occupazione e che magari l’hanno trovata, seppure “a tempo” e “in nero”: migranti che sono costretti nel 90% dei casi a impieghi stagionali, provvisori, precari, sottopagati.
«Sulla regolarizzazione si sta ragionando» ha annunciato martedì alla Camera il ministro degli Interni, Luciana Lamorgese, durante il question time innescato da un’interrogazione presentata dal deputato Riccardo Magi (Radicali +Europa), relatore – tra l’altro – della proposta di legge di iniziativa popolare “Ero straniero”, una riforma complessiva del testo unico sull’immigrazione che prevede canali di ingresso attraverso la mediazione di centri per l’impiego e camere di commercio, o la presentazione di garanzie a chi dimostra di essere radicato e integrato da almeno due anni avendo svolto un’attività lavorativa o partecipato a misure di politica attiva del lavoro. Un superamento della Bossi-Fini.
Ma oggi, purtroppo, siamo ancora di fronte a condizioni di grave sfruttamento degli stranieri, con salari da miseria e riduzioni dei lavoratori in schiavitù, come conferma Mohamed Saady, presidente Anolf (Associazione nazionale oltre le frontiere) e segretario nazionale di Fai Cisl: «La cosiddetta “sanatoria”? Una soluzione al fenomeno dell’irregolarità che può favorire una sistemazione definitiva e l’integrazione sociale del lavoratore immigrato». Secondo il sindacato, i numeri dei lavoratori “fantasma” sarebbero ben più pesanti delle stime ufficiali: circa 600 mila, considerando il bracciantato agricolo, fenomeno stagionale governato dai “caporali”. «Fantasmi? No, persone in carne ed ossa, spesso trattati in modo disumano».
«In un Paese come il nostro – aggiunge Saady – che non è in grado di applicare una politica dei rimpatri, oltre alla sanatoria serve una programmazione dei flussi migratori: nessuno dice “apriamo le porte” senza condizioni, ma cerchiamo di individuare il fabbisogno del mercato del lavoro, settore per settore, e facciamo entrare quelli che servono».
E non è un’impresa impossibile. In Italia, il contributo economico degli immigrati è determinante. «Inoltre – conclude il sindacalista della Fai-Cisl – una sanatoria, o meglio, una “regolarizzazione” dei lavoratori stranieri, di chi ora vive nell’ombra, eliminerebbe i conflitti sociali trasmettendo un senso di sicurezza tra tutti i cittadini».