Attualità

Roma. Marino contestato: «Chiedo scusa ma non lascio»

Danilo Paolini mercoledì 19 novembre 2014
Cori e perfino cartelli innalzati in un clima infuocato, come accade ogni anno all’Olimpico in occasione del derby Lazio-Roma. Se non che ieri non si era allo stadio, bensì nell’Aula Giulio Cesare, per la riunione dell’Assemblea capitolina che doveva 'processare' (politicamente, s’intende) il sindaco Ignazio Marino e le sue ultime disavventure. All’ordine del giorno le ormai famose multe per gli ingressi con permesso scaduto nella zona a traffico limitato e il divieto di sosta (per altro immortalato sui social network ma non rilevato, quindi non sanzionato, dai vigili) dell’anch’essa ormai celebre Fiat Panda rossa del primo cittadino. «Te ne devi anna’», intonavano dunque i cittadini sostenitori della destra, ritmando. E alternando, poi, «buffone, buffone» con «dimissioni, dimissioni». «Marino sindaco de Roma», ribattevano, in crescendo, i militanti e simpatizzanti di sinistra. Tra i banchi del pubblico, poi, anche una minoranza dotata evidentemente di senso civico. ma non interessata a partecipare alla bagarre.  Al di là del folclore e delle contestazioni popolari, è stata una giornata politicamente drammatica per il sindaco e per l’intera maggioranza di centrosinistra che governa Roma. Una giornata che Marino ha cercato di chiudere limitando i danni: per le irregolarità, multate e no, legate alla Panda – ha detto – «chiedo scusa a romane e romani». Le multe non erano da pagare «ma le ho volute pagare, per un totale di 1.021,52 euro». Però chi reclama le dimissioni rimarrà a bocca asciutta. «Non ci sono dimissioni né elezioni in vista: andiamo avanti in modo convinto e deciso. I cambiamenti che la mia giunta sta attivando sono profondi, ma per vedere i risultati occorre tempo».  Certo, ha ammesso il primo cittadino, «la città è in sofferenza », ma ci «sono tanti poteri e interessi che non gradiscono il lavoro che stiamo facendo ». Le resistenze, insomma, verrebbero da «chi vede finire monopoli, rendite di posizione, abusivismi, corruzione, mancato rispetto delle regole». Una visione che non convince il suo predecessore Gianni Alemanno, oggi capo dell’opposizione in Campidoglio: «Poteri forti contro Marino? Forse si riferisce al Pd di Matteo Renzi o alla forza del popolo romano?». In effetti, i rapporti del sindaco con il suo partito non sono certo idilliaci. Il Pd mostra già da un po’ chiari segnali di insofferenza e di disapprovazione verso di lui. Prima di presentarsi in aula Giulio Cesare, il sindaco ha incontrato il vicesegretario nazionale Lorenzo Guerini, il quale gli ha chiesto «un segnale alla città in tempi rapidi». La regola d’ingaggio stabilita dai vertici dem, tuttavia, è 'sterzare senza affondare'. Anche perché se Marino andasse a casa, la sconfitta alle prossime comunali sarebbe ben più di una possibilità, considerando che il centrodestra medita di candidare Giorgia Meloni, romana doc e molto agguerrita. Perciò, sembra sempre più probabile che l’intera vicenda si chiuda con un maxi-rimpasto della giunta. Una sorta di commissariamento politico di Marino, sibilano i maligni o gli smaliziati, a seconda dei punti di vista. Si concluderà quasi certamente con un nulla di fatto, invece, l’appendice giudiziaria del caso: la procura sta valutando infatti di archiviare la denuncia presentata dal sindaco, secondo il quale la mancanza del permesso Ztl della sua auto era il frutto di un’incursione abusiva nel sistema informatico del Comune. Circostanza ormai smentita anche dalle parole pronunciate ieri dallo stesso Marino.