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LA BATTAGLIA PER IL QUIRINALE. Il segretario del Pd: ho i numeri per il Colle

Marco Iasevoli martedì 9 aprile 2013
​L'intenzione è di non tirare fuori l’«arma letale», però «se Silvio mi costringerà glielo farò capire: il capo dello Stato possiamo eleggercelo da soli anche domattina». Pier Luigi Bersani ha iniziato il training autogeno in vista del decisivo faccia a faccia con il Cavaliere. Prova a immaginare le battute, gli scambi di cortesia, i momenti di tensione. Ma ha ben presente quale è il suo punto di forza: i voti già in cassaforte per l’elezione del nuovo presidente della Repubblica. E quelli che potrebbero arrivare grazie alle crescenti tensioni in M5S.«Il massimo della trattativa possibile l’ha già fatta intravedere Dario – dice il segretario in tesi colloqui telefonici riferendosi a Franceschini, e non senza fastidio per la corsa in avanti dell’ex segretario Pd –: un esecutivo in cui noi e il Pdl non ci mischiamo né in Aula né sui ministri, con pochi punti qualificanti, in cui il Pd si assume in prima persona la responsabilità di avviare il cambiamento, di gestirlo senza lasciarci travolgere dal populismo e senza correre a folle velocità verso il voto. Niente di più. E per il Colle Silvio potrà scegliere tra nostre personalità di assoluta garanzia, uomini delle istituzioni...». Il borsino di giornata vede in salita Franco Marini, in stallo Emma Bonino (nella logica di calamitare anche qualche grillino, ma ponderando il rischio di un’immediata serrata dei cattolici di entrambi gli schieramenti e di Scelta civica), in attesa Giuliano Amato.Ma Bersani pensa a un piano-B nel caso in cui il Cavaliere, dopo il faccia a faccia, dica chiaro e tondo di rifiutare l’ipotesi dell’appoggio esterno e di pretendere il pieno coinvolgimento nel nuovo esecutivo. «Sarebbe irresponsabile in questo quadro politico, con la gente che non ne può più degli accordicchi e delle paralisi», ragiona il segretario. In quel caso, il leader Pd sarebbe pronto allo strappo. Alla «fuga solitaria», come dicono le colombe del partito. All’elezione a maggioranza di Romano Prodi o di un nome concordato con l’ala trattativista di M5S. I suoi gli dicono che sono ormai diventati 20 i parlamentari disposti a ragionare su un pacchetto Colle-esecutivo. Basterebbero.Il problema, a quel punto, diverrebbero gli equilibri interni al Pd e l’atteggiamento dei montiani. Bersani è convinto di spuntarla su entrambi i fronti. Con il Prof il segretario ha accennato nell’ultimo incontro all’ipotesi del governo di scopo, che di fatto è l’attuale opzione politica di Scelta civica. Gli basterebbe dimostrare che lui con il Cavaliere le ha provate tutte, ma proprio tutte, per tenerlo nella partita. E che invece il Cav ha cercato pretesti per le urne. Il segretario, inoltre, crede che il partito, nonostante tutti i mal di pancia, non avrà nulla da ridire circa la sua strenua resistenza alle larghe intese con il Pdl.Gli equilibri sono sottilissimi. E al puzzle manca l’elemento-decisivo: la «sorpresa», il «coniglio nel cilindro» con cui Berlusconi si presenterà al colloquio. Lui un nome per il Quirinale lo ha in serbo da settimane. E il sospetto nell’entourage del segretario è che sarà una trappola, una personalità che capovolga il tavolo e metta lui, il Cavaliere, sul terreno del "cambiamento" tanto amato da Bersani.