Il segretario Cei Baturi. «In Siria per dare l'abbraccio della Chiesa universale»
Il segretario della Cei monsignor Giuseppe Baturi (a sinistra) assieme al Nunzio apostolico in Siria, cardinale Mario Zenari
Un terremoto che ha colpito una popolazione già martoriata da una lunga guerra. La visita in Siria del segretario generale della Cei ha portato un raggio di speranza alle comunità cristiane. Per gli aiuti materiali. E per l’attenzione, che dimostra ai siriani che non sono soli e dimenticati, ma parte di una Chiesa universale. L’arcivescovo di Cagliari monsignor Guseppe Baturi racconta dei tanti incontri con le comunità in Siria ma anche in Libano, paese confinante devastato economicamente. E sottolinea come le sanzioni contro Assad abbiamo colpito soprattutto la popolazione.
«La Siria era già provata da lunghissimi anni di guerra devastante – spiega il segretario della Cei – impropriamente definita “civile”, visto il ruolo di tante potenze. È una popolazione stremata dalla guerra, dalla povertà, ora dal terremoto. Abbiamo incontrato ad Aleppo tutti i vescovi, cattolici e ortodossi. Le comunità cristiane, pure se esigue, si stanno facendo carico di attività educative, di contrasto alla povertà, di accoglienza degli sfollati».
Baturi racconta «dei tanti cristiani che ancora vivono nei territori controllati dall’Isis. Sono storie di dialogo, di fede sincera e di rischi quotidiani». Il contributo della Cei è «innanzitutto un aiuto economico ai progetti della Nunziatura apostolica e dell’Avsi: come il programma “Ospedali aperti” – spiega – per la cura dei poveri: sosteniamo due ospedali a Damasco e uno ad Aleppo e cinque dispensari. Poi i programmi dell’associazione Pro Terra Santa con i Frati minori, contro la povertà, per l’educazione dei bambini sbandati, l’avviamento al lavoro per recuperare lo svantaggio accumulato dai ragazzi in questi anni».
La Cei sostiene anche l’accoglienza ad Aleppo operata da salesiani e francescani che ospitano e sfamano migliaia di sfollati, «attraverso i fondi dell’8 per mille e di quelli che raccoglieremo domenica 26 marzo nella colletta in tutte le chiese italiane». Il segretario della Cei sottolinea il valore di un aiuto «di chi si fa prossimo e dice “voi non siete soli, siete parte della nostra storia e della nostra fede”. Siamo stati accolti come parte dell’abbraccio della Chiesa universale».
In Siria le crisi si sono accumulate: «La disoccupazione è dovuta, oltre che alla guerra, al collasso dell’economia in Libano, dopo l’esplosione al porto del 4 agosto 2020». Poi c’è il tema «sottolineato da tutti i vescovi, della sopravvivenza delle comunità cristiane: ci chiedono aiuto per restare nelle terre che appartengono alla storia del cristianesimo. Serve il dialogo, assieme all’attività dei cristiani a favore di tutti i poveri, senza distinzioni».
Drammatica anche la situazione del Libano «che vive un collasso finanziario, con il blocco delle banche e la svalutazione inaudita della lira libanese: un dollaro valeva 1.500 lire libanesi, ore ne vale 90 mila». Il Paese ospita 1,5 milioni di profughi siriani, «un terzo di tutti i residenti , oltre ai campi palestinesi. La comunità internazionale deve prendere a cuore il Libano, felice esperienza di convivenza e dialogo, oggi in equilibrio gravemente instabile». Con la Caritas libanese la Cei collabora all’accoglienza dei profughi, «anche aiutandoli a recarsi in terre più sicure senza rischi, attraverso i corridoi umanitari. Pensiamo a quanto è appena accaduto sulle coste calabresi».
L’annunciata sospensione delle sanzioni in Siria non sembra avere effetti reali: «Si bloccano le medicine, i ricambi per le apparecchiature sanitarie, le rimesse dall’estero. In Siria il 90% della popolazione è in povertà, l’80% in Libano. Lo scopo delle sanzioni non è stato raggiunto. La richiesta dei pastori è univoca: si pensi alla vita del popolo».