Attualità

Sierra Leone. Dal sangue la vita: così il centro trasfusionale è diventato realtà

Vito Salinaro sabato 29 giugno 2024

Prima la lunga e sanguinosa “guerra dei diamanti”, che ha causato decine di migliaia di morti; quindi l’emergenza ebola; infine, quella del Covid-19. La storia recente della Sierra Leone è un percorso a ostacoli come ce ne sono pochi al mondo. Come pochi al mondo sono i Paesi che possono “vantare” un indicatore di mortalità materna pari a 443 decessi su 100.000 nati vivi (in Italia il rapporto è di 5/100.000). Senza contare le tante neomamme che, nel Paese dell’Africa occidentale, perdono la vita a causa di emorragie.

È in questo contesto che l’Aispo (Associazione italiana per la solidarietà tra i popoli, Organizzazione non governativa legata all’Ospedale San Raffaele di Milano) ha deciso di intervenire affrontando quella che, per il ministero della Salute locale, è una delle grandi emergenze del Paese: creare e rafforzare il sistema nazionale del sangue. «Fu una richiesta che, nel 2017, avanzò nel corso di una visita al San Raffaele la viceministra della Salute, Madina Rahman – dice il vicepresidente Aispo, Federico Chiodi Daelli -. Subito dopo ricambiammo la visita e, in Africa, visitammo la banca del sangue del Connaught Hospital, il più importante ospedale della capitale, Freetown: due piccole stanze buie e fatiscenti, con due frigoriferi che contenevano qualche sacca di sangue». Proprio la mancanza di un sistema trasfusionale funzionante, la capacità di separare e trasfondere il sangue spinse Aispo a sottoporre un progetto all’Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo (Aics) per la creazione del primo centro trasfusionale del Paese, e per l’assistenza tecnica e la formazione del personale.

Il progetto fu approvato, grazie anche al coinvolgimento di diversi esperti del Centro trasfusionale del San Raffaele, in primis il presidente di Aispo, Fabio Ciceri, primario della struttura complessa di Ematologia e trapianto di midollo del nosocomio milanese, del quale è anche direttore del Cancer center. «Senza di loro – spiega Chiodi Daelli - sarebbe stato impossibile esportare il modello ed introdurre la separazione del sangue in emocomponenti (plasma, piastrine e globuli rossi) tramite centrifughe. L’assistenza tecnica è stata garantita mediante missioni in loco dei nostri tecnici, e la presenza a Milano di tecnici sierraleonesi, supportati da borse di studio».

Il taglio del nastro del nuovo centro avvenne, del dicembre 2019, nel Princess Christian Maternity Hospital, l’ospedale materno più importante di Freetown. «Era doveroso – ricorda il vicepresidente Aispo – non solo iniziare dalla Capitale ma anche dalla struttura dove nasceva il maggior numero di bambini del Paese. La struttura è organizzata su due livelli: al piano terra ci sono la sala di ricezione donante, la sala prelievi e il laboratorio. Al secondo, gli uffici per lo staff». L’Aispo, a quel punto, ha pensato a informare e sensibilizzare: «Abbiamo organizzato, creando animatori locali che prendono il nome di recruitment officers, campagne di sensibilizzazione per la raccolta del sangue – riprende Chiodi Daelli -, in un Paese dove la donazione non è molto ben vista a causa dello stigma locale, e il numero di donatori volontari è molto basso».

Tre anni fa è stata presentata, sempre all’Aics, all’interno di una procedura di bando, la Fase II del progetto, che si concluderà a maggio prossimo, e che ha già portato alla costruzione e all’inaugurazione, quest’anno, del secondo Centro trasfusionale nella seconda città del Paese, Makeni, a 200 chilometri dalla Capitale.

È ora in elaborazione, conclude il dirigente Aispo, «una terza fase che permetterebbe, laddove fosse finanziata, di completare il programma con la costruzione del terzo ed ultimo centro a Bo, un capoluogo di provincia. La Sierra Leone ha 9 milioni di abitanti. Insistere sul completamento del programma del sangue e continuare a formare lo staff locale, è un obiettivo raggiungibile e un seme di sviluppo importante, oltre che impattante, in un Paese che ha dovuto attraversare sfide molto complesse e sofferte».

Nel riquadro in alto il videoreportage che l’Aispo ha realizzato in Sierra Leone per descrivere il progetto.