Catania. Il racket dei viaggi (tra ricatti e sfruttamento)
Avevano riposto le loro speranze di uscire dall’Italia per raggiungere la Francia e altri Paesi europei su uomini privi di scrupoli che, oltre al classico pagamento in denaro, non lesinavano sulle prestazioni sessuali richieste alle vittime, persino alle mamme accompagnate dai figli minorenni. È quanto emerge dalle registrazioni di numerose conversazioni catturate dall’orecchio elettronico degli investigatori della Sezione criminalità straniera e prostituzione della squadra mobile di Catania, coordinati dalla Direzione distrettuale antimafia della Procura della Repubblica del capoluogo etneo, che ieri mattina ha fermato 25 persone con l'accusa di associazione per delinquere finalizzata al favoreggiamento dell'immigrazione clandestina. Un’indagine che ha visto la collaborazione di diversi uffici investigativi fra cui Asti, Cuneo, Genova, La Spezia, Pavia, Rimini, Savona e Torino. Secondo la ricostruzione degli inquirenti le persone arrestate, originarie della Guinea e della Costa d’Avorio, sarebbero state in grado di garantire l’intero viaggio ai connazionali che intendevano lasciare il proprio Paese, pattuendo dietro il “landayà” (la fiducia, da qui la denominazione dell’operazione di polizia, ndr) un pagamento che oscillava da 200 euro per il solo passaggio dei confini fino a 1.200 euro per tappe più ampie.
Tutto è partito nel marzo 2021, quando una minore straniera non accompagnata era giunta nel porto di Augusta. Ospitata in una struttura del Catanese, aveva tentato più volte la fuga per recarsi in Francia, seguendo le indicazioni ricevute in Libia da una donna, che l’avrebbe avvicinata mentre era in attesa di imbarcarsi e che si era presentata come sorella di un uomo, che in Italia si occupava di far completare il lungo viaggio fino alla destinazione desiderata. « L’impegno investigativo dedicato alla vicenda di questa ragazza, caratterizzato da attività di tipo tradizionale e tecnico – spiega Antonio Sfameni, capo della mobile di Catania, che già aveva partecipato alle operazioni Glauco 1 e Glauco 2 contro il traffico di esseri umani – ha permesso di focalizzare l’attenzione su alcuni cittadini guineani e ivoriani coinvolti nel trasferimento oltralpe della ragazza e, partendo da questi soggetti, consentiva di individuare un articolato sodalizio criminale di matrice straniera, a carattere transnazionale, formato da più cellule operative in Africa (Libia, Guinea, Costa d’Avorio, Tunisia e Marocco), in Italia ed in Francia appunto, dedito al reato di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina di donne, uomini, bambini e persino neonati. Molti dei fermati erano regolari nel nostro Paese – conclude – ma non è stato accertato l’appoggio di alcun cittadino italiano».
Tre erano le cellule individuate nel sodalizio criminale, che si presenta come una struttura complessa e articolata: una con sede nel Piemontese, a Torino (in cui avrebbero operato il leader Kone Yacoubae insieme a tre affiliati) e Asti, una in Liguria (dove avrebbe operato Doumbouya Sidiki) e la terza a Ventimiglia. Stando alla ricostruzione degli inquirenti, i fermati giunti in Italia a partire dal 2016 avrebbero dimostrato una non comune pratica criminale, tanto da affinare le tecniche di interazione con i “clienti” riassunte nelle parole di uno di essi intercettate durante una conversazione: «questa è una cosa che ti ho detto mille volte! Quando parli con un cliente devi per prima cosa farlo partire, guidandolo da dove si trova, sino a farlo giungere a Milano oppure a Ventimiglia... poi gli puoi chiedere in quale città vuole andare ed infine gli dici il prezzo, così hai la certezza di poter trovare un accordo! Già non arrivano tante persone e quelle poche che arrivano con il tuo modo di lavorare le fai allontanare». In breve, la strategia consisteva nell’attirare il migrante offrendogli quanto da esso atteso e anche di più ed in fretta, portandolo ad un punto di avanzamento delle operazioni tale da rendergli impossibile il rifiuto del “servizio”.