Roma. Il Quirinale non è in campagna elettorale. Decideranno i numeri e la Costituzione
Avere un presidente della Repubblica rieletto per un nuovo settennato, almeno un vantaggio lo porta, fra tante controindicazioni che inutilmente lo stesso Sergio Mattarella aveva cercato di far valere. Il vantaggio di poter conoscere già a sufficienza le sue propensioni, in base ai precedenti, e le regole che usa rispettare.
Un arbitro mentre si gioca non proferisce parola e tirarlo per la giacca se è vietato e irrispettoso a gioco fermo, è addirittura impensabile mentre i giocatori rincorrono la palla da un campo all’altro. Se è stata così ampia e convinta la sua rielezione, d’altronde, è proprio per la garanzia di imparzialità che ha saputo offrire nel settennato precedente. Le sue scelte hanno sempre messo insieme, in modo geometrico, tre paletti: il dettato costituzionale, le regole dell’aritmetica e la cor- nice internazionale.
Che in fondo è una declinazione del primo paletto, dato che è la stessa Costituzione che impone all’articolo 117 dei vincoli alla potestà legislativa «derivanti dall’ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali», e tiene fuori, fra l’altro, i trattati dalle materie che possono essere oggetto di referendum, modello Brexit.
Nonostante ciò, i tentativi di tirarlo in ballo non sono mancati in questi giorni. Silvio Berlusconi si era spinto - poi rettificando - a ipotizzare le sue dimissioni se fosse passato il presidenzialismo. Dimenticando che fra il primo pronunciamento del Parlamento e il referendum confermativo possono passare molti mesi, forse anni, prima di sapere l’esito di tale proposta di riforma, e tenere l’arbitro 'sub iudice' per un tempo così prolungato sarebbe davvero un’anomalia istituzionale.
Poi è toccato a Giorgia Meloni - nel rispondere a una domanda - coinvolgere nuovamente le prerogative del capo dello Stato: «Se vincesse il centrodestra e ci fosse l’affermazione di Fdi - ha detto non ho ragione di credere che Mattarella possa assumere una scelta diversa rispetto alla mia indicazione». Nel putiferio che ne è scaturito si è cercato di coinvolgere l’arbitro che invece intende esser tenuto del tutto fuori da ogni valutazione, ammonimento o premonizione finché dura la campagna elettorale. Si sa bene che Mattarella crede nella risposta corale da parte della comunità internazionale alle sfide che abbiamo di fronte e ha ben presente gli impegni che comporta il vincolo dell’Unione europea.
Ieri in un messaggio alla Soft power conference ha parlato della guerra in Ucraina come in fattore che «rende più fragile ogni risposta comune » a partire da quella climatica. Ma i fatti dimostrano che nulla ha impedito, nel 2018 di dare il via libera, da parte del Colle, a un governo a base euroscettica e sovranista avallato dal responso delle urne, sia pur facendo uso delle sue prerogative nella scelta dei ministri, come nel caso Savona.
Al momento opportuno tutto dipenderà, quindi, dalla conta dei seggi e dal manifestarsi di un’alleanza programmatica che possa contare sulla maggioranza in entrambe le Camere. Nel limite del rispetto dei trattati, naturalmente. Solo un minuto dopo si parlerà del presidente del Consiglio in grado di portare avanti l’alleanza.