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Lavoro. Servono saldatori e magazzinieri: le imprese venete aprono ai detenuti

Francesco Dal Mas, Padova sabato 21 dicembre 2024

Confindustria Veneto Est conta 5.100 imprese, per un totale di 276 mila collaboratori. Tra costoro arriveranno, la primavera prossima, i primi 15 detenuti ammessi ad attività di formazione e lavoro all’esterno del carcere Due Palazzi di Padova o prossimi al fine pena. «È dunque, un Natale e un Giubileo di speranza quello che già vivono» ammette Matteo Sinigaglia, direttore generale di Fòrema, che per conto degli industriali di Padova, Rovigo, Venezia e Treviso coordina i programmi di formazione. «Non si tratta di un’esperienza d’inclusione una tantum – puntualizza – ma che si ripeterà di anno in anno per almeno 20-30 detenuti. E che dal “Due Palazzi” potrebbe estendersi ad altri penitenziari del territorio». Non è neppure una sperimentazione, perché Fòrema e la Casa di reclusione questa l’hanno già realizzata con due detenuti che quest’anno hanno già superato positivamente la prova. Nei giorni scorsi, dunque, un Protocollo di Intesa chiamato “Real Work” (“lavoro vero”) è stato firmato presso la Casa di reclusione di Padova, dal direttore Claudio Mazzeo, Paola Carron, neopresidente di Confindustria Veneto Est, il direttore di Fòrema Sinigaglia e Giuseppe Venier, amministratore delegato di Umana, la società impegnata a trovare le imprese disponibili all’assunzione.

«L’unico vero problema con cui ci troviamo a fare i conti è quello della recidiva, per cui sia le imprese che i loro collaboratori – spiega Sinigaglia - vengono preparati ad accompagnare questo nuovi lavoratori ad “imparare” la vita esterna al carcere, i vari aspetti della convivenza, la vicinanza che si traduce in sostegno perfino psicologico. E non sempre questo è facile». Ringraziando il direttore del “Due Palazzi” Mazzeo per aver dato il primo impulso a un gioco di squadra «che abbiamo condiviso con entusiasmo e la consapevolezza del valore sociale e inclusivo del lavoro, strumento di diritto e dignità di tutte le persone», la presidente di Confindustria Carron conferma che «questo è un impegno per noi particolare e coerente con i valori del fare impresa, affinché il lavoro diventi, soprattutto per i detenuti, occasione di riscatto e di effettiva reintegrazione nella società che, non a caso, riduce drasticamente i casi di recidiva, superando le difficoltà di ordine normativo e pratico che a volte si frappongono e soprattutto lo stigma sociale». A nome degli oltre 5mila “colleghi”, la presidente ribadisce che «la civiltà e il progresso di una comunità si misurano anche dalla sua capacità di recuperare chi ha commesso errori, con conseguenze positive per la società ma per la nostra stessa economia. A tutti conviene che queste persone vengano riabilitate e reinserite in società avendo acquisito competenze e abilità spendibili sul mercato del lavoro». Quanto al percorso di formazione, condiviso con l’autorità giudiziaria, oltre che con l’istituzione penitenziaria, esso parte dai colloqui individuali, prosegue con la parte teorica (analisi competenze, orientamento e competenze trasversali) e si conclude con quella pratica (competenze tecniche e laboratorio).

Per un totale di 80-100 ore di preparazione. Verranno professionalizzati, al momento, saldatori, operatori macchine Cnc (Controllo numerico computerizzato), operatori meccanici, magazzinieri, carrellisti, tra i profili tecnici più richiesti e che le aziende del territorio non trovano da assumere. Per Giuseppe Venier, amministratore delegato di Umana, «il lavoro è fra i più efficaci strumenti di riscatto e reinserimento sociale per i detenuti, capace di generare valore e legalità soprattutto nei soggetti più fragili e svantaggiati – sottolinea l’ad di Umana, Venier -. Abbiamo già avviato con successo iniziative simili in altre realtà carcerarie e con gli enti del Terzo settore e crediamo fermamente che, attraverso il lavoro, sia possibile trasformare un percorso di detenzione in un’opportunità di crescita». Fòrema ed Umana si prendono carico anche della fase più delicata del reinserimento sociale e relazionale, mediante i colloqui individuali tra le aziende disponibili ad inserirli nel proprio organico e i partecipanti al corso. Il direttore della Casa di reclusione, Mazzeo, non nasconde la sua soddisfazione, anzitutto per le opportunità di inclusione date ai suoi ospiti, ma anche «per la dimensione sociale di questa parte di imprenditoria veneta che assieme all’amministrazione penitenziaria è impegnata nei percorsi di inclusione sociale dei detenuti».