Il sopralluogo. Nel carcere di Santo Stefano già dal prossimo anno uno spazio museale
Da “tomba dei vivi” per patrioti e antifascisti, sotto i Borboni e i Savoia, a laboratorio per la pena rieducativa, nella neonata Italia repubblicana. È il carcere borbonico dell’isolotto di Santo Stefano, prospiciente l’isola di Ventotene (LT), dove già entro il prossimo anno potrebbe essere aperta un’area museale sulla storia del penitenziario. Da novembre 2020 sono in corso i lavori di messa in sicurezza e primo restauro per trasformare il penitenziario - nato nel 1795, chiuso nel 1965, abbandonato per 50 anni - in una scuola di alta formazione europea. Nel 2025, dunque, potrebbe essere fruibile un primo spazio. Il carcere è comunque sempre aperto alle visite. Ma novità sono in arrivo anche per la “cittadella confinaria” di Ventotene.
L'interno del carcere panopticon - Luca Liverani
È questo l’indirizzo verso cui si sta orientando il Commissario straordinario per il recupero e la valorizzazione dell’ex Carcere borbonico, Giovanni Maria Macioce. Il Governo ha nominato a settembre 2023 l’ex generale della Guardia di Finanza al posto di Silvia Costa, già europarlamentare e primo Commissario a dare il via al progetto di recupero intitolato a David Sassoli, grazie a 70 milioni stanziati nel 2016.
Puntellamento dei solai per la messa in sicurezza in vista del recupero - Luca Liverani
Proprio per verificare la fattibilità di un polo museale, “antipasto” del grande restauro, sull’isolotto disabitato è sbarcata nei giorni scorsi una commissione del ministero della Cultura, Direzione Generale musei. «I lavori di messa in sicurezza e parziale restauro hanno già portato a buon punto la sistemazione di diversi locali della “stecca ottocentesca”», assicura l’ingegner Letterio Sonnessa, direttore dei lavori per conto della stazione appaltante Invitalia. È l’edificio che ospitava uffici, abitazioni, locali di servizio, e che, con le sue due torrette circolari, fa da facciata al carcere panottico a forma di teatro, tre piani di celle al posto dei palchi. "Panopticon" perché tutte le celle sono visibili e controllabili dal centro della struttura. Dall’andamento dei lavori emerge che, con buona probabilità, parte dell’ex carcere potrebbe aprire uno spazio espositivo entro il 2025.
Uno scorcio della facciata, a destra la lapide per Sandro Pertini - Luca Liverani
Tanta la storia da raccontare: in quasi due secoli qui sono stati rinchiusi – assieme a criminali comuni – prima i giacobini, poi i patrioti del Risorgimento come Luigi Settembrini. Durante il Regno d’Italia qui arrivò l’anarchico Gaetano Bresci, l’assassino di re Umberto I. Condannato all’ergastolo, pochi mesi dopo venne trovato morto. «Suicidio per impiccagione, dissero, ma nel ‘47 Sandro Pertini dichiarò all'Assemblea Costituente che Bresci era stato ammazzato di botte», spiega Salvatore Schiano Di Colella, storico locale e guida del penitenziario.
La cella 36 di Sandro Pertini - Luca Liverani
Anche il futuro presidente della Repubblica durante il fascismo fu rinchiuso a Santo Stefano, come ricorda una lapide, nella cella 36. Dopo vari trasferimenti, Pertini verrà confinato proprio a Ventotene. Con l’avvento della Repubblica il penitenziario si trasforma: da carcere durissimo a laboratorio della pena riabilitativa. Tutto grazie a un direttore illuminato, Antonio Perucatti, cattolico, che dal 1952 al 1960, vent’anni prima della riforma dell’ordinamento penitenziario, concretizza l’articolo 27 della Costituzione sulla rieducazione del condannato. Il polo museale racconterà tutto questo con documenti e tecnologie multimediali. Assieme alla storia del confino a Ventotene, dove Altiero Spinelli, Ernesto Rossi e Eugenio Colorni nel 1941 gettarono le basi del pensiero europeista.
L'isolotto di Santo Stefano, a sinistra il carcere - Luca Liverani
Ma l’altra importante novità su cui è al lavoro lo staff del Commissario Macioce è la realizzazione a Ventotene di un’area museale “gemella” di quella a Santo Stefano. Nell’area adiacente l’attuale caserma della Finanza infatti sorgeva la “cittadella confinaria”: tra il 1938 e il 1939 vennero edificati una dozzina di cameroni da 50 posti letto per gli antifascisti. A fine anni ’60 voci da Roma su una possibile trasformazione in supercarcere spaventano il sindaco che farà abbattere le camerate.
Una rara foto di fine anni '60: i casermoni della cittadella confinaria prima dell'abbattimento - Archivio di Stato - LT
Oggi quindi a Ventotene non ci sono più edifici della stagione confinaria. L’idea è di ricostruire quattro dei dodici padiglioni: stessa volumetria, per ricreare la memoria delle case dei confinati, ma con strutture moderne per ospitare gli uffici della Fondazione che gestirà il carcere restaurato di Santo Stefano. In più, aule per seminari di studi europei. E un polo museale “gemello” di quello del penitenziario, per permettere la fruizione della storia del carcere e del confino anche nelle 110 giornate in media l’anno di meteo e condizioni marine avverse, quando è impossibile l’approdo all’isolotto di Santo Stefano. La struttura a Ventotene renderebbe sempre possibile la programmazione di studio e visite. Anche alle persone disabili, escluse dal carcere panottico per la natura impervia di Santo Stefano.