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Retroscena. Nave Diciotti, c'era un piano per creare lo scontro

Nello Scavo venerdì 24 agosto 2018

Ansa

C’era un piano per creare un caso internazionale sui migranti. Un progetto per mettere tutti contro tutti. Lo stallo della Diciotti non è un inconveniente dettato dall’emergenza. «Lo abbiamo capito la settimana scorsa, mercoledì sera, quando ci è stato chiesto di andare in supporto di due motovedette – riferiscono fonti dell’equipaggio dall’ammiraglia della Guardia costiera –. Chiaro, a quel punto, che non sarebbe stata una traversata breve e saremmo andati per le lunghe». È in quel preciso momento che il sospetto si materializza sotto forma di ordini via radio. E di omissioni. «Abbiamo ricostruito con il comandante l’origine di questa situazione - racconta Riccardo Magi, leader dei Radicali Italiani salito a bordo della Diciotti -. Da una parte l’indicazione del ministro Toninelli e poco dopo la posizione del Viminale, appresa via web dal comandante ». Via social network, per la precisione.

Una situazione senza precedenti per dei militari abituati a ricevere e impartire ordini inequivocabili. Ed è questo uno dei passaggi su cui dovrà lavorare la procura di Agrigento. Tanto che, non sapendo cosa sarebbe accaduto dopo essere stato dirottato da Lampedusa a Catania, il comandante ha fermato i motori al largo del porto etneo in attesa di conferma da parte dei superiori. «Il comando generale gli ha ordinato di attraccare, ma senza consentire lo sbarco», riferisce Magi.

Mercoledì della scorsa settimana, un’imbarcazione con 190 persone in fuga dalla Libia si trovava in zona Sar (ricerca e soccorso) maltese. Alle 3.40 due unità della Guardia Costiera italiana sono intervenute a 17 miglia nautiche da Lampedusa caricando i migranti. Circa cinque ore dopo, alle 8.20, è intervenuta la nave Diciotti a cui era stato chiesto di trasbordare tutti i 177 naufraghi. Le due motovedette, come accaduto per anni, avrebbero potuto dirigersi verso Lampedusa in condizioni di sicurezza, invece è arrivato l’ordine di trasferire i migranti sulla nave ammiraglia, in grado di ospitare un cospicuo numero di persone per un lungo periodo di tempo.

Non è l’unica anomalia. Quando Diciotti si trovava nei pressi di Lampedusa (sotto la giurisdizione della procura di Agrigento) i magistrati hanno aperto un’inchiesta, ma a questo punto l’unità di soccorso viene dirottata su Catania, oltrepassando porti come Pozzallo e Augusta, su cui hanno competenza le procure di Ragusa e Siracusa, che già in passato hanno bocciato la linea del procuratore catanese Zuccaro. Qui, però, arriva il colpo di scena. Luigi Patronaggio, procuratore capo di Agrigento, si reca di persona a Catania e compie un’ispezione a bordo della Diciotti. Il reato di illecito trattenimento e di sequestro di persona – una delle ipotesi su cui Agrigento sta lavorando – possiede infatti la “continuità territoriale”. La competenza investigativa, dunque, rimane radicata alla procura che per prima ha aperto il fascicolo. Una circostanza presagita dal comandante della Diciotti, Massimo Kothmeir, che alla vista di Catania aveva domandato ai suoi superiori: «Che devo fare? Devo entrare in porto o no? Non è che mi mettono i braccialetti d’argento?». Parole espresse, non senza sconcerto, dopo aver letto su un social network che il Viminale non autorizzava lo sbarco nonostante il via libera all’attracco del ministero per le Infrastrutture.

Sono tre le Procure siciliane che indagano. La Dda di Palermo ha aperto un fascicolo in cui si ipotizza l’associazione a delinquere «finalizzata al traffico di migranti » e l’associazione a delinquere «finalizzata al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina». Nell’indagine, che per legge spetta alla direzione distrettuale essendo prospettati reati di criminalità organizzata, sono confluite le testimonianze dei richiedenti asilo fatti sbarcare subito a Lampedusa per ragioni sanitarie.

La procura di Agrigento, invece, indaga a carico di ignoti per sequestro di persona e arresto illegale, poiché i migranti sono ancora trattenuti “in custodia” da un mezzo militare italiano senza che sia stato chiesto a un giudice l’autorizzazione al prolungamento del loro trattenimento (che normalmente non dovrebbe superare le 48 ore). Oggetto dell’inchiesta è anche risalire nella catena di comando a chi, disponendo l’obbligo di non lasciare la Diciotti, stia illegittimamente limitando la libertà personale dei migranti, molti dei quali (almeno i 130 eritrei) sono quasi certamente beneficiari dei diritti di protezione internazionale. Qualora i magistrati accertassero responsabilità di componenti del Governo il fascicolo dovrebbe passare al tribunale dei ministri che agisce con i poteri che il vecchio codice di procedura penale riconosceva al giudice istruttore. Contrariamente a quanto speravano i sostenitori della linea dura, il procuratore di Catania Carmelo Zuccaro non se ne è stato a guardare ed ha aperto un fascicolo di 'atti relativi': accertamenti preliminari per vedere se siano ipotizzabili reati e che potrebbero poi portare alla apertura di un’inchiesta vera e propria. «Se qualcuno pensa di arrestarmi sbaglia a capire», ha risposto Matteo Salvini, adducendo più che ragioni di diritto, la minaccia della piazza: «C’è la maggior parte del popolo italiano che chiede ordine, regole, rispetto e un’immigrazione sotto controllo».