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Migranti, il libro. Il pescatore che sfidò l'alt: «Le vite si salvano»

Pietro Marrone sabato 2 novembre 2019

Migranti su un barcone nel Mediterraneo (Ansa)

È il racconto di un pescatore divenuto comandante per la missione Mediterranea, quello di Pietro Marrone. Il suo libro "Io non spengo nessun motore" (editore Solferino) esce oggi: eccone un’anticipazione.

La Guardia di Finanza è salita a bordo all’alba. Come ci aspettavamo. Mi ha notificato il sequestro della nave e l’avviso di indagine nei miei confronti per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e della violazione dell’articolo 12 del testo unico del codice della navigazione, per il mancato rispetto dell’alt intimato nella notte tra lunedì e martedì dalla Gdf. Sono stato invitato a seguirli in caserma, dove mi aspetta il procuratore aggiunto di Agrigento Salvatore Vella per un interrogatorio. All’inizio le gambe hanno tremato, ma poi sono andato con lo sguardo alto. Posso avere paura anch’io come tutti, ma mi dà fastidio che si veda. Tutto l’equipaggio di terra e di mare di Mediterranea è sceso con me e mi ha accompagnato per farmi coraggio e dimostrare che non ero solo. Ho pensato che dall’esterno dovevamo sembrare un drappello un po’ patetico, soli contro tutti. Ma questo drappello ha salvato cinquanta vite, signori. Chi di voi può dire lo stesso? (...)

Sono in diversi a chiedermi perché non abbia rispettato l’alt, perché non abbia fermato le macchine. Anche ripensandoci dopo, non riuscirò del tutto a capire cosa mi è successo in quel momento: non sono un tipo sentimentale e nella mia vita ne ho viste di ogni tipo, però mi è salito tutto un groppo in gola. La risacca delle ultime 48 ore senza sonno, delle emozioni incredibili a getto continuo, l’angoscia di non potere spiegare che mai in vita mia mi sarei messo contro la legge se non avessi avuto la paura di mettere a rischio delle vite. Tutte queste cose mi escono dagli occhi in forma di lacrime. Non è paura, non è vergogna, è semplicemente...che è troppo. Smetto di parlare per paura di singhiozzare ma lo vedono, che sto piangendo. Così è troppo. Come faccio a spiegare a queste persone una cosa così evidente e che pure non capiscono? Cerco di controllarmi, respiro, ma la voce mi esce strozzata mentre formulo la risposta più chiara a cui riesco a pensare, quella che contiene tutto. «Mio cugino è morto in un mare simile a quello in cui si trovava la Mare Jonio» dico semplicemente. «La gente in mare bisogna soccorrerla». Chi sta in mare lo sa. Chi ha un senso di umanità lo sa. Che i motori non si spengono e che le vite si salvano.