Pandemia sociale. A Natale e Santo Stefano «doniamo tempo a chi è solo». Al telefono
Matteo, uno dei volontari del Telefono Amico che risponde alle chiamate delle persone sole durante tutto l’anno
Da quindici anni risponde a chiamate e mail come volontario, anche nei giorni delle festività natalizie, quando il morso della solitudine e dell’incomprensione si fa ancora più doloroso, se possibile, «perché tanti non possono festeggiare in famiglia e si fa più impellente il bisogno di riflettere sulla crisi delle relazioni».
A Natale però il tempo pare ancora più lungo per chi non ha nessuno. In realtà Matteo, 43 anni, impiegato ed esperto di informatica a Busto Arsizio, in provincia di Varese, questo servizio lo fa ogni settimana, per qualche ora. Dona il suo tempo a chi ha bisogno di essere anzitutto ascoltato, e lo fa grazie alla formazione e all’esperienza acquisita a Telefono Amico Italia, che conta circa 500 volontari per 365 giorni all’anno, dalle 10 alle 24.
Durante le feste, in oltre 200 risponderanno h24 dal 24 al 26 dicembre: lo scorso anno in quei tre giorni sono arrivate più di 500 chiamate, con un incremento del 41% rispetto allo stesso periodo del 2019. Segno che la pandemia ha acuito «il bisogno costante di essere ascoltati con attenzione e con calma, di aprirsi liberamente a uno sconosciuto con la garanzia dell’anonimato.
Spesso si tratta di persone sole, anziane e adulte, che vivono situazioni familiari difficili: separazioni e divorzi, malattie, lutti, assistenza a parenti. E dai mesi del lockdown in avanti abbiamo registrato un aumento di giovani e giovanissimi, anche adolescenti di 14-15 anni, che si sentono giudicati e criticati in casa e non riescono a comunicare: loro in particolare hanno sofferto e soffrono molto il calo di socialità imposto dall'emergenza sanitaria. Si sentono come una pentola a pressione pronta a esplodere in un contesto familiare che non li accoglie così come sono», racconta Matteo, a cui è capitato proprio nei giorni natalizi di ascoltare lo sfogo di un uomo solo, alle tre di notte. «In un momento di gioia per tutti o quasi, era da solo, con la sofferenza di non aver potuto festeggiare con i propri cari e di non aver trovato nessuno con cui scambiare due chiacchiere. Voleva raccontare un po’ del suo passato e ricevere compagnia», ricorda. Ma succede anche «al giovane studente e lavoratore, che si accorge a fine giornata di non essersi mai fermato a parlare con qualcuno».
Spesso a chiedere ascolto sono le persone separate, «che vivono per anni in una fase difficile». Matteo cita anche una signora che assiste entrambi i genitori non autosufficienti, «un compito molto impegnativo che l’assorbe completamente. A fine giornata si sente distrutta, svuotata, con la nostalgia dei giri in motocicletta e delle passeggiate con i cani. Non diamo consigli, ma cerchiamo di cogliere le risorse positive della persona in quello che ci dice, in modo da suggerire modi per trovare sollievo al disagio nella situazione che vive: per alcuni può essere la lettura, stare all’aria aperta, contemplare il paesaggio. Piccoli spiragli di vita rispetto a un presente che è pesante e che pesa».
Nei giorni di festa il numero unico nazionale di Telefono Amico (02/23272327) viene composto soprattutto da uomini fra i 36 e i 55 anni, che chiedono compagnia. Invece a contattare il servizio attraverso la chat sono donne nel 59% dei casi e giovani: il 42% ha tra i 19 e i 25 anni; le problematiche più frequenti sono di tipo esistenziale (19%) e familiare (17%).
Purtroppo Matteo e gli altri volontari, nei 100mila contatti ricevuti nel 2020 fra mail, telefonate e WhatsApp, hanno registrato un incremento di coloro che pensano al suicidio. «In questi casi ascoltiamo i loro pensieri, le emozioni, la sofferenza che vivono e, se si trovano in una situazione di pericolo imminente, li invitiamo a rivolgersi subito a un medico o al numero di emergenza 112 o li aiutiamo a farlo».
Per accogliere tutte le richieste di contatto «servirebbero il doppio dei volontari», sottolinea Matteo, che ha cominciato dopo aver letto casualmente l’inserzione su un giornale di Telefono Amico. «Pensavo di essere chiamato a dare risposte, invece chi è dall’altra parte non chiede la risoluzione di un problema ma si apre. Quindi si tratta di accogliere racconti di vita, ricevendo tanta gratitudine: è questa la molla che mi fa continuare».