Attualità

Dopo Piemonte e Sicilia . E il Lazio cede al mondo dell'azzardo

Antonio Maria Mira venerdì 6 agosto 2021

Dopo Piemonte e Sicilia anche il Lazio frena sul distanziometro per le slot. Ieri il Consiglio regionale, così come aveva già fatto la Giunta, ha approvato la proroga di 12 mesi dell’applicazione della norma che vieta le 'macchinette' a meno di 500 metri dai luoghi sensibili come scuole, chiese, centri sportivi, centri sociali. Slitta così l’obbligo retroattivo previsto dalla legge regionale del 2013, modificata nel 2020, che dava già 18 mesi di tempo per adeguarsi al divieto entro il prossimo 1 settembre. Un anno e mezzo non è stato ritenuto sufficiente e così per un ulteriore anno le slot resteranno al loro posto.

Mentre alle sale scommesse e alle Vlt era stato già concesso il beneficio del termine del 28 febbraio 2024 per cessare o trasferirsi. Vincono le pressioni del mondo dell’azzardo che era sceso in piazza più volte. E la Regione non ascolta i ripetuti appelli delle Caritas diocesane del Lazio e delle associazioni che si occupano dei giocatori patologici, che avevano chiesto di non approvare la proroga. Eppure la stessa Regione aveva assicurato che «la legge sull’azzardo non viene modificata, la rispettiamo integralmente. Non torniamo indietro sui nostri passi».

Lo aveva detto il 10 maggio Alessandra Troncarelli, assessore alle Politiche Sociali in un incontro promosso dalle Caritas e dalle Fondazioni antiusura. Ma 10 giorni dopo era arrivata la smentita con la proroga approvata in Giunta. Molto dura la reazione dei tre organismi che avevano espresso «sconcerto, preoccupazione e profonda delusione», appellandosi al Consiglio regionale affinché ponesse rimedio a una scelta che «segna una profonda continuità con le logiche spietate e senza scrupoli fatte dalla lobby dell’azzardo e alla quale anche questa Giunta regionale diceva di voler porre freno».

Ma la maggioranza che sostiene Nicola Zingaretti, compreso il M5s, da sempre contro l’azzardo, non si è fermata. L’ultimo appello è arrivato il 26 luglio, sempre firmato da Caritas e Fondazioni che chiedevano alla Regione di «rivedere una decisione che si è dimostrata pericolosa e scriteriata». Appello ancora una volta inascoltato. «Siamo sconcertati, delusi, arrabbiati», è la reazione di monsignor Benoni Ambarus, vescovo ausiliare di Roma e delegato diocesano per la Carità. «O è malafede oppure è schizofrenia – accusa –. La Regione finanzia centri d’ascolto per giocatori patologici con 1,3 milioni di euro, interventi nelle scuole con 800mila euro, e addirittura con 15 milioni la cura delle vittime dell’azzardo. Ma non può spendere a favore delle vittime e nello stesso tempo accrescere le vittime. Sulla vulnerabilità delle persone non si può scherzare, si rovinano le famiglie».

Caritas e Fondazioni nell’ultimo appello avevano ricordato le recenti due importanti misure di politica sanitaria sul tema del gioco d’azzardo patologico: le Raccomandazioni del direttore generale della Prevenzione sanitaria e le Linee operative del ministro della Salute per la prevenzione delle patologie dell’azzardo e per l’assistenza alle persone con questa dipendenza e alle rispettive famiglie. Per questo chiedevano, oltre all’annullamento della proroga, il recepimento immediato di queste due misure e un tavolo di confronto per la programmazione. Annunciando che, qualora non vi fossero provvedimenti della Regione, sarà chiesto ai sindaci di emanare ordinanze per motivi contingibili e urgenti che inibiscono il funzionamento dei punti di gioco fino alla conclusione delle verifiche. Lo stesso don Ben, dopo l’approvazione della proroga, ha inviato una lettera per chiedere un incontro all’assessore regionale alla Sanità, Alessio D’Amato, «perché vogliamo parlare con lui proprio della salute messa a rischio».